Para
Key


[1151,1]
Alla p. 1124. marg. E
chiunque porrà mente ai versi de' comici, e altresì di Fedro, e degli altri Giambici latini, o se
n'abbiano opere intere (come {
Catullo,
} le tragedie di Seneca) o frammenti, ci troverà molte altre licenze proprie di
quelle sorte di versi, e note agli eruditi; ma anche
1152 potrà di leggeri avvertire che dovunque s'incontrano due {o più} vocali alla fila, o nel principio o nel mezzo o nel fine delle
parole, quelle vocali {per lo più e quasi regolarmente}
stanno per una sillaba sola, come formassero un dittongo, quantunque non lo
formino, secondo le leggi ordinarie della prosodia. Fuorchè se dette vocali si
trovano appiè de' versi, dove {bene} spesso {(come ne' versi italiani)} stanno per due sillabe, ma
spesso ancora per una sola, come in questo verso di
Fedro:
Repente vocem sancta misit Religio.
(l. 4. fab. 11. {al. 10.} vers. 4.)
Questo è un giambo trimetro acataletto, cioè di sei piedi puri, e la penultima
breve, non è la sillaba gi di Religio, ma la sillaba li. Similmente in
quel verso di
Catullo
{+sebbene in questo, {e nelle leggi metriche,} più diligente assai
degli altri,} (Carm. 18. {al.
17.} v. 1.)

[1152,1]
O Colonia
quae cupis ponte ludere ligneo
la penultima dovendo esser lunga, non è la sillaba gne di ligneo, ma la sillaba li, s'è vera
questa lezione di ligneo per longo come altri leggono. Oltre che questo verso trocaico stesicoreo,
dovendo essere di quindici sillabe, sarebbe di sedici, se ligneo fosse trisillabo. (La parola ligneo è
qui un trocheo, piede di una lunga e una breve, detto anche coreo.) E quello che
dico de' latini, dico anche dei greci. Nel primo verso della
Ricchezza di Aristofane
Ὡς ἀργαλέον πρᾶγμ' ἐστὶν ὠ Ζεῦ καὶ Θεοὶ
1153 la parola ἀργαλέον è trisillaba. E notate che
scrivendo
῾Ως αργαλέον πρᾶγμ᾽ ἐστ᾽ ὦ Zεῦ χαὶ ϑεοί,
senza nessuna
fatica questo verso riusciva giambo trimetro o senario puro, secondo le regole
della prosodia greca. Dal che si vede che quei poeti i quali scrivevano, come
dice
Tullio dei Comici, a
somiglianza del discorso,
(Oratoris cap. 55.) adoperavano quasi regolarmente
siffatte vocali doppie ec. come dittonghi, e conseguentemente che l'uso
quotidiano della favella (tenace dell'antichità molto più che la scrittura) le
stimava e pronunziava per dittonghi, o sillabe uniche, sì nella
Grecia come nel Lazio. Puoi
vedere la nota del
Faber
al. 2. verso del prologo di
Fedro lib. 1. e quella pure
del Desbillons nelle Addenda ad notas p. LI. fine. (10. Giugno, dì di Pentecoste. 1821.).
{
V. p. 2330.
}