Theme
Celtica (lingua ec.).
Celtic (language etc.)
[993,1] In secondo luogo risulta dalle sopraddette cose, che i mezzi usati dai romani per far prevalere la loro lingua, come nelle altre nazioni, così in grecia, e ne' {moltissimi} paesi dove il greco era usato, (v. p. 982-83). laddove riuscirono in tutti gli altri luoghi, non riuscirono e furon vani in questi. Ed osservo che la lingua latina non prevalse mai alla greca in nessun paese dov'ella fosse stabilita, sia come lingua parlata, sia come lingua scritta: laddove la greca avea prevaluto a tutte le altre in questi tali (vastissimi e numerosissimi) paesi, e in quasi mezzo mondo; e quello che 994 non potè mai la lingua nè la potenza nè la letteratura latina, lo potè, a quel che pare, in poco spazio, l'arabo, e le altre lingue {o dialetti} maomettani, {(come il turco ec.)} e così perfettamente, come vediamo anche oggidì. Ma la lingua latina (eccetto nella magna grecia e in Sicilia) non solo non estirpò, ma non prevalse mai in nessun modo e in nessun luogo alla lingua e letteratura greca, se non come pura lingua della diplomazia: quella lingua latina, dico, la quale nelle Gallie aveva, se non distrutta, certo superata quell'antichissima lingua Celtica così varia, così dolce, così armoniosa, così maestosa, così pieghevole, (Annali ec. 1811. n. 18. p. 386. Notiz. letterar. di Cesena 1792. p. 142.) e che al Cav. Angiolini che se la fece parlare da alcuni montanari Scozzesi, parve somigliante ne' suoni alla greca: ( Lettere sopra l'inghilterra, Scozia, ed Olanda . vol. 2do. Firenze 1790. Allegrini. 8.vo anonime, ma del Cav. Angiolini) (Notiz. ec. l. c.) lingua della cui purità erano depositarii e custodi gelosissimi quei famosi Bardi che avevano e conservarono per sì lungo tempo, ancor dopo la conquista fatta da' Romani, tanta influenza sulla nazione, e massime poi la letteratura: ( Annali ec. l. c. p. 386. 385. principio.) quella lingua così ricca, e ogni giorno più ricca di tanti poemi, parte de' quali anche 995 oggi si ammirano. Questa lingua e letteratura cedette alla romana; v. p. 1012. capoverso 1. la greca non mai; neppur quando roma e l'italia spiantata dalle sue sedi, si trasportò nella {stessa} grecia. Perocchè sebbene allora la lingua greca fu corrotta {finalmente} di latinismi, ed altre barbarie, (scolastiche ec.) imbarbarì è vero, ma non si cangiò; e in ultimo, piuttosto i latini {vincitori e signori} si ridussero a parlare quotidianamente e scrivere il greco, e divenir greci, di quello che la grecia {vinta e suddita} a divenir latina e parlare {o scrivere} altra lingua che la sua. Ed ora la lingua latina non si parla in veruna parte del mondo, la greca, sebbene svisata, pur vive ancora in quell'antica e prima sua patria. Tanta è l'influenza di una letteratura estesissima in ispazio di tempo, e in quantità di cultori e di monumenti; sebbene ella già fosse cadente a' tempi romani, e a' tempi di Costantino, possiamo dire, spenta. Ma i greci se ne ricordavano sempre, e non da altri imparavano a scrivere che da' loro sommi e numerosissimi scrittori passati, siccome non da altri a parlare, che dalle loro madri. { v. p. 996. capoverso 1.} Certo è che la letteratura influisce sommamente sulla lingua. (v. p. 766. segg.) Una lingua senza letteratura, o poca, non difficilmente si spegne, o si travisa in maniera non riconoscibile, {non potendo ella esser formata, nè per conseguenza troppo radicata e confermata, siccome immatura e imperfetta}. E questo accadde alla lingua Celtica, forse perch'ella scarseggiava sommamente di scritture, sebbene abbondasse di componimenti, che per lo più passavano solo di bocca in bocca. Non così una lingua abbondante di scritti. Testimonio ne sia la Sascrita, 996 la quale essendo ricca di scritture d'ogni genere, e di molto pregio secondo il gusto orientale, e della nazione, vive ancora (comunque corrotta) dopo lunghissima serie di secoli, in vastissimi tratti dell'india, malgrado le tante e diversissime vicende di quelle contrade, in sì lungo spazio di tempo. E sebbene anche i latini ebbero una letteratura, e grande, e che sommamente contribuì a formare la loro lingua, tuttavia si vede ch'essa letteratura, venuta, per così dire, a lotta colla greca, in questo particolare, dovè cedere, giacchè non solamente non potè snidare la lingua e letteratura greca, da nessun paese ch'ella avesse occupato, ma neanche introdursi nè essa nè la sua lingua in veruno di questi {tanti} paesi. (29. Aprile. 1821.). { V. p. 999. capoverso 1.}

[1010,1] Della lingua volgare latina antica v. Andrès, Dell'Orig. d'ogni letteratura ec. Parte 1. c. 11. Ediz. Veneta del Vitto. t. 2. p. 256.-257. nota. {+La qual nota è del Loschi. Che però egli s'inganni, lo mostrano le mie osservazioni sopra la lingua di Celso [ pp.32-36], scrittore non dell'antica e mal formata, ma della perfetta ed aurea latinità.} (4. Maggio 1821.).

[1014,2] Alla p. 991. Così Beda inglese, nonostante che la sua lingua nazionale (cioè l'anglo-sassone: (Andrès, loc. cit. (p. 1010.) p. 255. fine.) diversa dalla Celtica, stabilita nella Scozia e nel paese di Galles) fosse adoperata anche in usi letterarii, come si rileva da quello ch'egli stesso riferisce di un Cedmone monaco Benedettino illustre poeta improvvisatore nella sua lingua. (Andrès, p. 254.) Cosa la quale, se non altro, dimostra ch'ella era una lingua già ridotta a una certa forma (lo riferirà forse il Beda nella Storia Ecclesiastica degli Angli.) (5. Maggio 1821.).

[1015,1] 1015 Mediante le quali colonie ec. la lingua e letteratura greca si stabilì, com'è noto, in varie parti delle Gallie. V. il Cellar. dove parla di Marsiglia. E le Gallie ebbero scrittori greci, come Favorino Arelatense, S. Ireneo (sebben forse nato greco) ec. ec. V. anche il Fabric. dove parla di Luciano, B. Gr. lib. 4. c. 16. §. 1. t. 3. p. 486. edit. vet.

[1024,1] 1024 Sebbene la lingua Celtica fosse così bella ed atta alla letteratura, {e per conseguenza, formata, e stabilita e ferma (espressioni del Buommattei in simil senso),} come si vede oggidì ne' monumenti che ne avanzano, e come ho detto p. 994. fine; sebben fosse così antica e radicata ec. nondimeno laddove i greci ancorchè sudditi romani, e vivendo in Roma o in italia, scrivevano sempre in greco {e non mai in latino;} nessuno scrittor gallo, nelle medesime circostanze, scrisse mai {che si sappia} in lingua celtica, ma in latino. (9. Maggio 1821.).

[1163,3] Altra prova dell'antico odio nazionale. Presso gli antichi latini o romani, forestiero e nemico si denotavano colla stessa parola hostis. V. Giordani nella lettera al Monti, in fine; (Proposta ec. vol. 1. par. 2. p. 265. fine. alle voci Effemeride. Endica. Epidemia) il Forcellini, e il mio pensiero su questa voce, { p. 205. fin. } dove si porta anche l'esempio simile, della lingua Celtica. (13. Giugno 1821.).

[3366,1] La lingua latina s'introdusse, si piantò e rimase in
quelle parti d'Europa nelle quali entrò anticamente e si
stabilì la civilizzazione. Ciò non fu che nella Spagna e
nelle Gallie. Quella fino dagli antichi tempi produsse i Seneca, Quintiliano, Columella,
Marziale ec. poi Merobaude, S.
Isidoro ec. e altri moltissimi di mano in mano, i quali divennero
letterati e scrittori latini, senza neppure uscire, come quei primi, dal loro
paese, o quantunque in esso educati, e non, come quei primi, in
Roma. Le Gallie produssero Petronio Arbitro, Favorino
ec. poi Sidonio, S. Ireneo ec. La civiltà v'era già innanzi i
romani stata introdotta da coloni greci. Di più la corte latina v'ebbe sede per
alcun tempo. La Germania benchè soggiogata anch'essa da'
Romani, e parte dell'impero latino, non diede mai adito a civiltà nè a lettere,
nè a' buoni nè a' mediocri nè a' cattivi tempi di quell'impero. Ella fu sempre
barbara. Non si conta fra gli scrittori latini di veruna latinità
3367 (se non dell'infimissima) niuno che avesse origine
germanica o fosse nato in Germania, come si conta pur
quasi di tutte l'altre provincie e parti dell'impero romano. Quindi è che la
Germania benchè suddita latina, benchè vicina
all'Italia, anzi confinante, come la
Francia, e più vicina assai che la
Spagna, non ammise l'uso della lingua latina, e non
parla latino {(cioè una lingua dal latino derivata),}
ma conserva il suo antico idioma. (Forse anche fu cagione di ciò e delle cose
sopraddette, che la Germania non fu mai intieramente
soggiogata, nè suddita pacifica, come la Spagna e le
Gallie, sì per la naturale ferocia della nazione, sì per esser ella sui confini
delle romane conquiste, e prossima ai popoli d'Europa non
conquistati, e nemici de' romani, e sempre inquieti e ribellanti, onde ad essa
ancora nasceva e la facilità, e lo stimolo, e l'occasione, e l'aiuto e il comodo
di ribellare). Senza ciò la lingua latina avrebbe indubitatamente spento la
teutonica, nè di essa resterebbe maggior notizia o vestigio che della celtica e
dell'altre che la lingua latina spense affatto in Ispagna
e in
3368
Francia. Delle quali la teutonica non doveva mica esser
più dura nè più difficile a spegnere. Anzi la celtica doveva anticamente essere
molto più colta e perfetta o formata che la teutonica, il che si rileva sì dalle
notizie che s'hanno de' popoli che la parlarono, e delle loro istituzioni (come
de' Druidi, de' Bardi, cioè poeti ec.), e della loro religione, costumi,
cognizioni ec. sì da quello che avanza pur d'essa lingua celtica, e de' canti
bardici in essa composti ec. L'Inghilterra par che
ricevesse fino a un certo segno l'uso della lingua latina, certo, se non altro,
come lingua letterata e da scrivere. {Il latino si stabilì in
Inghilterra a un di presso come il greco
nell'alta Asia, e l'italiano in Dalmazia, nell'isole
greche e siffatti dominii de' Veneziani: cioè come lingua di qualunque
persona colta e della scrittura, ma non parlata dal popolo, benchè fosse
intesa. Così il turco in Grecia ec.} Ella ha
pure scrittori non solo dell'infima, ma anche della media latinità, come
Beda ec. Ma era già troppo tardi, sì
perchè la lingua latina era già corrotta e moribonda per tutto, anche in
Italia sua prima sede, sì perchè l'impero latino era
nel caso stesso. Quindi i Sassoni facilmente distrussero la lingua latina in
Inghilterra, ancora inferma e mal piantata, propria
solo dei dotti (com'io credo), e le sostituirono la
3369 teutonica, trionfando allo stesso tempo (almeno in molta parte dell'isola)
anche dell'idioma nazionale, indigeno, ἐπιχώριος e volgare, cioè del celtico
ec., al qual trionfo doveva pure aver già contribuito la lingua latina,
soggiogata poi anch'essa, e più presto ed interamente dell'indigena, da quella
de' conquistatori. Laddove nelle Gallie i Franchi non poterono mica introdurre
la lingua loro, benchè conquistatori, nè estirpar la latina, ben radicata, e per
lunghezza di tempo, e perchè insieme con essa erano penetrati e stabiliti nelle
Gallie, i costumi, la civiltà, le lettere, la religione latina, e perchè quivi
detta lingua non era già propria ai soli dotti, ma comune al volgo, ond'essi
conquistatori l'appresero, e parlata ec. Così dicasi de' Goti, Longobardi ec. in
Italia; de' Vandali ec. in
Ispagna. Che se la lingua latina in
Italia, in Francia, in
Ispagna, trionfò delle lingue germaniche benchè
parlate da' conquistatori, può esser segno ch'ella ne avrebbe pur trionfato
nella Germania ov'elle parlavansi da' conquistati, se non
l'avessero impedito le cagioni dette di sopra. Perocchè si vede che la lingua
latina trionfava
3370 dell'altre, non tanto come lingua
di conquistatori e padroni, superante quella de' conquistati e de' servi, nè
come lingua indigena o naturalizzata, superante le forestiere, avventizie e
nuove; quanto come lingua colta e formata, superante le barbare, incolte,
informi, incerte, imperfette, povere, insufficienti, indeterminate. Altrimenti
non sarebbe stato, come fu, impossibile ai successivi conquistatori
d'Italia, Francia,
Spagna, il far quello che i latini ne' medesimi
paesi, conquistandoli, avevano fatto; cioè l'introdurre le proprie lingue in
luogo di quelle de' vinti. Nel mentre che i Sassoni in
Inghilterra, certo nè più civili nè più potenti de'
Franchi, de' Goti, de' mori, ec. i Sassoni, dico, in
Inghilterra, e poscia i Normanni, trionfavano pur
senza pena delle lingue indigene di quell'isola, perchè mal formate ancor esse,
benchè non affatto barbare, ed anzi (p. e. la celtica) più colte ec. delle loro.
Ma queste vittorie della lingua latina sì nell'introdursi fra' conquistati, e
forestiera scacciare le lingue indigene; sì nel mantenersi malgrado i
conquistatori, e in luogo di cedere, divenir propria anche di questi, si
dovettero, come ho detto, in grandissima parte, alla civiltà dei
3371 costumi latini e alle lettere latine con essa
lingua introdotte o conservate: di modo che detta lingua non riportò tali
vittorie, solamente come colta e perfetta per se, ma come congiunta ed
appartenente ai colti e civili costumi, opinioni e lettere latine. Perocchè,
come ho detto, sempre ch'ella ne fu disgiunta, cioè dovunque la civiltà e
letteratura latina, e l'uso del viver latino, o non s'introdusse, o non si
mantenne, o scarsamente s'introdusse o si conservò; nè anche s'introdusse la
lingua latina, come in Germania, o non si mantenne, come
accadde in Inghilterra. E ciò si vede non solo in queste
parti d'Europa, che non ammisero la civiltà latina per
eccesso di barbarie, o che non ammettendola, restarono barbare; ma eziandio in
quelle dove una civiltà ed una letteratura indigena escluse la forestiera, in
quelle che non ammettendo i costumi nè le lettere latine, restarono però, quali
erano, civili e letterate, cioè nelle nazioni greche. Le quali non ricevendo
l'uso del viver latino, non ricevettero neppur la lingua, benchè la sede
dell'impero
3372 romano, e Roma
e il Lazio, per così dire, fossero trasportate e
lunghissimi secoli dimorassero nel loro seno. Ma la
Grecia contuttociò non parlò mai nè scrisse latino,
ed ora non parla nè scrive che greco. Ed essa era pur la parte più civile
d'Europa, non esclusa la stessa
Roma, al contrario appunto della
Germania. Sicchè da opposte, ma analoghe e
corrispondenti e ragguagliate e proporzionate, cagioni, nacque lo stesso
effetto.