Theme
definizione dell'egoismo.
definition of egoism.
[3291,1]
Alla p. 3282. Bisogna distinguere
tra egoismo e amor proprio. Il primo non è che una specie del secondo. L'egoismo
è quando l'uomo ripone il suo amor proprio in non pensare {che} a se stesso, non
operare che per se stesso immediatamente, rigettando l'operare per altrui con
intenzione lontana e non ben distinta dall'operante, ma reale, saldissima e
continua, d'indirizzare quelle medesime operazioni a se stesso come ad ultimo ed
unico vero fine, {+il che l'amor proprio
può ben fare, e fa}. Ho detto altrove [
p.1382]
[
pp.2410-12]
[
pp.2736-38]
[
pp.2752-55] che
l'amor proprio è tanto maggiore nell'uomo quanto in esso è maggiore la vita o la
vitalità, e questa è tanto maggiore quanto è maggiore la forza {+e l'attività dell'animo, e del corpo
ancora}. Ma questo, ch'è verissimo dell'amor proprio, non è nè si deve
intendere dell'egoismo. Altrimenti i vecchi, i moderni, gli uomini poco
sensibili e poco immaginosi sarebbero meno egoisti dei {fanciulli e dei} giovani,
degli antichi, degli uomini sensibili e di forte immaginazione.
3292 Il che si trova essere appunto in contrario. Ma
non già quanto all'amor proprio. Perocchè l'amor proprio è veramente maggiore
assai ne' fanciulli e ne' giovani che ne' maturi e ne' vecchi, maggiore negli
uomini sensibili e immaginosi che ne' torpidi. {Che l'amor proprio sia maggiore ne' fanciulli e ne'
giovani che nell'altre età, segno n'è quella infinita e sensibilissima
tenerezza verso se stessi, e quella suscettibilità e sensibilità e
delicatezza intorno a se medesimi che coll'andar degli anni e coll'uso della
vita proporzionatam. si scema, e in fine si suol perdere.} I
fanciulli, i giovani, gli uomini sensibili sono assai più teneri di se stessi
che nol sono i loro contrarii. Così generalmente furono gli antichi rispetto ai
moderni, e i selvaggi rispetto ai civili, perchè più forti di corpo, più forti
ed attivi e vivaci d'animo e d'immaginazione (sì per le circostanze fisiche, sì
per le morali), meno disingannati, e insomma maggiormente e più intensamente
viventi.
{Nella stessa guisa discorrasi
dei deboli rispetto ai forti e simili.} (Dal che seguirebbe che gli
antichi fossero stati più infelici generalmente de' moderni, secondo che la
infelicità è in proporzion diretta del maggiore amor proprio, come altrove ho
mostrato: [
p.1382]
[
pp.2410-11]
[
pp.2752-55]
[
pp.2736-37]
[
pp.2495-96]
p. 2754 ma l'occupazione {e l'uso} delle
proprie forze, la distrazione e simili cose, essendo state infinitamente
maggiori in antico che oggidì; e il maggior grado di vita esteriore essendo
stato anticamente più che in
3293 proporzione del
maggior grado di vita interiore, resta, come ho in mille luoghi provato, che gli
antichi fossero anzi mille volte meno infelici de' moderni: e similmente
ragionisi de' selvaggi e de' civili: non così de' giovani e de' vecchi oggidì,
perchè a' giovani presentemente è interdetto il sufficiente uso delle proprie
forze, e la vita esterna, della quale tanto ha quasi il vecchio oggidì quanto il
giovane; per la quale e per l'altre cagioni da me in più luoghi accennate,
maggiore presentemente è l'infelicità del giovane che del vecchio, come pure
altrove ho conchiuso [
pp.277-80]
[
pp.2736-38;]
[
pp.2752-55]).

[3314,1] Alla p. 3298. Un uomo (o donna) di carattere naturalmente pacifico, {placido,} quieto, riposato, ordinato, inclinato a una certa pigrizia, è per natura portato all'egoismo. Quanto più l'uomo o per indole e condizion primitiva, o per effetto dell'età, o per istanchezza del mondo, per disinganno ec. ama il riposo, la pace, l'ordine, l'uniformità della vita, è lontano dal calore, {dai desiderii vivi,} dai disegni vasti o impetuosi, o fervidi, o attivi ec. è dedito all'inazione, al metodo; anzi quanto più egli è tollerante delle ingiurie e degli stessi patimenti per debolezza d'animo o di corpo o d'ambedue, quanto è più disposto e solito di rinunziare al risentimento, di chinare il capo alle circostanze, alla necessità, di sacrificare e di posporre qualunque cosa alla conservazione della sua quiete interna ed esterna e della sua inattività; quanto più l'uomo è vile e codardo; quanto più suole appagarsi del presente, soddisfarsi di ciò che gli accade, pigliar le cose come vengono; tanto meno egli è disposto e solito di sacrificarsi o adoperarsi 3315 per altrui; tanto meno è accessibile alla compassione, tanto più è inclinato e tanto più ha d'egoismo. L'abitudine dell'ozio in qualsivoglia età, è sempre conciliatrice d'egoismo. In somma per tutte queste osservazioni, e per qualunque altra si voglia fare intorno ai vari caratteri degli uomini, apparisce e sempre apparirà, che la natura dell'egoismo è un ghiaccio dell'animo; un freddo, un congelamento, una quasi concrezione, una durezza o un induramento, una secchezza o un disseccamento dell'amor proprio; una povertà, una scarsezza di vita; una inattività effettiva, o un'inclinazione alla medesima ec.; o naturale o avventizia che sia, o morale o fisica, o l'uno e l'altro, o portata dalla nascita e cresciuta {poi e confermata} coll'assuefazione colle circostanze cogli avvenimenti della vita ec., o da queste prodotta in contrario e in dispetto dell'indole primitiva ec. (31. Agosto. 1823.). Io credo potere asserire che generalmente gli uomini meno soggetti a passioni {veementi,} quelli che non amano il piacere, quelli che mai non vissero per li piaceri, mai non furono trasportati da' piaceri e 3316 dal desiderio e furore di questi (sieno piaceri corporali o spirituali), o che più nol sono; anche i meno iracondi, i più pazienti, e simili, per natura, o per abito contratto; sono i più inclinati all'egoismo, i più alieni abitualmente dal compatire e dal beneficare; spesso anche i più ingiusti per volontà riflettuta. E i contrari viceversa.

[3361,2] Alla p. 3282. L'uomo (così la donna) debole e bisognoso dell'opera altrui, o nato o divenuto, s'abitua ad essere in qualche modo, più o meno, servito e sovvenuto dagli altri, ed esso a non servire nè aiutare nessuno, perch'ei non può, quando anche da principio il desideri, quando anche per indole sia inclinato a beneficare. Per quest'abito ei contrae l'egoismo, il quale, come vedete, non è ingenito in lui per se stesso, {+(quando anche ei sia stato sempre debole e bisognoso fin dalla nascita),} ma figlio di un abito da lui fatto o più presto o più tardi, incominciato fin dal principio della vita, o sul fior degli anni, o al mezzo, o sul declinare ec. Per quest'abito ei s'avvezza a considerare (se non per ragione, certo praticamente) 3362 gli altri come fatti per lui, e sè come fatto per se solo, ch'è appunto l'egoismo; diventa alieno dalla compassione e dalla beneficenza ch'egli non ha mai potuto o non può più esercitare, di cui non ha mai potuto acquistare o ha dovuto perdere l'abitudine. (5. Sett. 1823.)