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17. Ott. 1821.

[1938,1]  Alla p. 1120. La parola vastus si considera come aggettivo, e il suo senso proprio si crede quello di latus, amplus ec. (V. Forcell.), e quando esso significa vastatus, questo si piglia per una metafora derivata da questo che quę vacua sunt loca vasta et maiora videntur. (Forcell.) Io penso che vastus non sia che un participio di un verbo perduto di cui vastare (guastare) sia il continuativo; che il suo senso proprio fosse quello dell'italiano guasto (ch'è la stessa parola), analogo a quello di vastatus; che la metafora sia venuta {+(nel modo detto dal Forcellini)} dal guasto all'ampio, il che mi par molto più naturale che viceversa;  1939 ed osservo che il più antico es. di vastus fra i molti portati dal Forcell. è nel senso di vastatus, e che il nostro guasto cioè vastus, è appunto uno {de'} participj di guastare cioè vastare. {+Vastus di participio dovette appoco appoco divenire aggettivo (prima nel senso di vastatus, e poi di latus) come desertus, anch'esso participio, passato poi in una specie d'aggettivo, di significato simile al primitivo di vastus, con cui gli scrittori talvolta lo congiungono.} (17. Ott. 1821.).