3. Dic. dì di S. Franc. Saverio. 1821.
[2212,1] Non si pensa se non parlando. Quindi è certissimo
che quanto la lingua di cui ci serviamo pensando, è più lenta, più bisognosa di
parole e di circuito per esprimersi, ed esprimersi chiaramente, tanto (in
proporzione però della rispettiva facoltà ed abitudine degl'intelletti
individuali) è più lenta la nostra concezione, il nostro pensiero, ragionamento
e discorso interiore, il nostro modo di concepire e d'intendere, di sentire e
concludere una verità, conoscerla, il processo della nostra mente nel
sillogizzare, e giungere alle conseguenze. Nella maniera appunto che una testa
poco avvezza a ragionare, più lentamente tira da premesse evidenti e ben
concepite, e legate ec. una conseguenza parimente manifesta (il che accade
tuttodì negli uomini volgari, ed è cagione della loro poca ragionevolezza, della
loro piccolezza, tardità nell'intendere le cose più ovvie, piccolezza,
volgarità, oscurità di
2213 mente ec.); e nella maniera
che la scienza e la pratica delle matematiche, del loro modo di procedere, e di
giungere alle conseguenze, del loro linguaggio ec. aiuta infinitamente la
facoltà intellettiva e ragionatrice dell'uomo, compendia le operazioni del suo
intelletto, lo rende più pronto a concepire, più veloce {e
spedito} nell'arrivare alla conclusione de' suoi pensieri, e
dell'interno suo discorso; insomma per una parte assuefa, per l'altra facilita
all'uomo l'uso della ragione ec. Quindi deducete quanto giovi la cognizione di
molte lingue, giacchè ciascuna ha qualche proprietà e pregio particolare, questa
è più spedita per un verso, quella per un altro, questa è più potente nella tal
cosa, quella in tal altra, questa può facilmente esprimere la tale precisa idea,
quella non può, o difficilmente. Egli è indubitato: la nuda cognizione di molte
lingue
2214 accresce anche per se sola il numero delle
idee, e ne feconda poi la mente, e ne facilita il più copioso e più pronto
acquisto. Quello che ho detto della lentezza o speditezza delle lingue si deve
estendere a tutte le altre loro proprietà; povertà o ricchezza, ec. ec. anche a
quelle che spettano all'immaginazione, giacchè da queste è influita la fantasia,
e la facoltà delle concezioni fantastiche (e ragionamenti fantastici) e la
qualità di esse, come da quelle è influito l'intelletto e la facoltà del
discorso. Vedete dunque s'io ho ragione nel dire che la pratica della lingua
greca avrebbe giovato agl'intelletti più che non fece quella della latina
(lingua non solo non filosofica nè logica, come non lo è neppur la greca, ma non
adattabile, senza guastarla, alla filosofia sottile, ed all'esattezza precisa
delle espressioni e delle idee, a differenza della greca.). V. la p. 2211. fine. E quello che dico
della lingua greca, dico di
2215 ciascun'altra per la
sua parte, massime di quelle ad essa più analoghe; lo dico dell'italiana,
massime in ordine alla facoltà immaginativa, e concettiva del bello, del nobile,
del grazioso ec. la qual facoltà da nessuna moderna lingua può tanto essere
aiutata come dall'italiana, avendola ben conosciuta e familiare, o materna o no
ch'ella ci sia. (3. Dic. dì di S. Franc. Saverio. 1821.)