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13. Dic. 1821.

[2247,2]  Alla p. 1124. marg. Tutto quello che ho detto pp. 1151-53 della monosillabìa di tali vocali successive, quantunque non connumerate fra' dittonghi, cresce di forza, se queste vocali doppie, triple ec. sieno le stesse, cioè due e, due i ec. e massimamente se sono due i (l'esilissima lettera dell'alfabeto). Giacchè non solo i poeti giambici, comici ec. ma gli epici, i lirici ec. consideravano spessissimo il  2248 doppio i come una sola sillaba, secondochè si può vedere in Dii Diis; anzi più spesso, cred'io, per una sola sillaba che per due. Anzi lo scrivevano ancora con una sola lettera, e questo fu proprio degli antichi, e seguitato poi da' poeti. V. il Forcell. il Cellar. l'Encyclop. Grammaire, in I, o J.) Ora appunto il caso nostro ne' preteriti della 4.ta è di un doppio i, il quale pure cred'io che spesso troveremo e nelle antiche scritture latine e ne' poeti, e scritto e computato per vocale semplice, ovvero per sillaba unica; e forse più spesso così che altrimenti, cioè più spesso audi che audii ec. Osservate che anche i nostri antichi solevano scrivere udì, partì per udii partii ec. {+I latini facevano similmente ed anche scrivevano semplice il doppio i di ii, iidem, iisdem, ec. V. fra gli altri infiniti, Virg. En. 2. 654. 3. 158. E quante volte troverete ne' poeti o negli antichi prosatori audisse audissem ec. ec. Ovvero p. e. petiisse trisillabo ec. Forse più spesso che quadrisillabo.}
[2248,1]  Osservate ancora che au, il quale non è uno de' dittonghi latini, e si pronunzia sciolto (almeno così fanno gl'italiani, e insegnano gli antichi gramatici, o lo mostrano quando  2249 non lo contano fra' dittonghi chiusi), tuttavia forma sempre una sola sillaba. {V. p. 2350. fine.} Suadeo, suesco ec. credo che li troveremo talvolta ne' poeti, massime ne' più antichi, in modo che sua sue siano computate per una sillaba ciascuna. {+Così è infatti assai spesso. V. il marg. della p. seg. Suadeo ha la seconda lunga. Però in Virg. Ecl. 1. v. 56. En. 2. v. 9. ec. suadebit, suadentque sono trisillabi. V. la Regia Parnasi in Suadeo, Suesco ec. ec. e gli esempi de' poeti nel Forcell. adeo in teneris consuescere multum est. * Virg. Georg. 2. 272. ec.} Abiete in Virg. Aen. 2. principio {e 5. 663. ec.} è trisillabo. {+Ariete parimente ib. l. 2. v. 492. V. la regia Parnasi, e il Forcell. anche in Arieto as.} E che cos'è l'esser l'i così spesso consonante, se non esser egli computato per formante una sola sillaba colla vocale o vocali seguenti? Giacchè i consonante per se stesso non si dà, ma egli è sempre con suono vocale (a differenza del v, il quale per natura si distingue dal suono dell'u.) Tutti gli j consonanti latini (che anticamente si scrissero sempre i) non sono dunque altro che formanti tanti dittonghi, secondo quello ch'io dico delle vocali doppie. Dejicere 4sillabo, ha effettivamente 5. vocali. Così Jacere ec. ec. ec.
[2250,1]   2250 Non liquidi gregibus fontes, non gramina deerunt * (dissillabo). Virg. Georg. 2. 200. E di tali esempi ne troverete infiniti presso i più colti e rigorosi versificatori latini. Il che prova che la pronunzia di tali parole li favoriva. (13. Dic. 1821.). {+Corticibusque cavis, vitiosaeque ilicis alveo. Quid * ec. Georg. 2. 453. V. p. 2266.} {{e 2316. fine. Miscueruntque herbas et non innoxia verba. * Georg. 2. 129. 3. 283. Vir gregis ipse caper deerraverat: atque ego Daphnim. * Virg. Ecl. 7. v. 7. Tum celerare fugam, patriaque excedere suadet. * En. 1. 357. Atria: dependent lychni laquearibus aureis. * En. 1. 726. v. En. 3. 373. 450. 486. 541. 5. 269. 773. 6. 201. 678. 7. 33. (e vedi quivi le varianti). 5. 532.}}