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22. Dic. 1821.

[2271,1]  Il partire, il restare contenti di una persona, non vuol dire, e non è altro in sostanza che il restar contenti di se medesimi. Noi amiamo la conversazione, usciamo soddisfatti dal colloquio ec. di coloro che ci fanno restar contenti di noi medesimi, in qualunque modo, o perchè essi lo proccurino, o perchè non sappiano altrimenti, ci diano campo di figurare. ec. Quindi è che quando tu resti contento di un altro, ciò vuol dire in ultima analisi che tu ne riporti l'idea di te stesso superiore all'idea di colui. Così che se questo può giovare all'amore verso quella tal persona, ordinariamente però non giova nè alla stima, nè al timore, nè al peso, nè al conto, nè all'alta opinione ec. cose che gli uomini in società desiderano di riscuotere dagli altri uomini assai più che l'amore.  2272 (E con ragione, perchè l'amore verso gli altri è inoperoso, non così il timore, l'opinione, il buon conto ec.) E però volendo farsi largo nel mondo, solamente i giovanetti e i principianti cercano sempre di lasciar la gente soddisfatta di se. Chi ben pensa, proccura tutto il contrario, e sebben pare a prima vista che quegli il quale parte malcontento di voi porti con se de' sentimenti a voi sfavorevoli, nondimeno il fatto è che egli suo malgrado, e senza punto avvedersene, {+anzi e desiderando e cercando e credendo il contrario,} porta de' sentimenti a voi favorevolissimi secondo il mondo, giacchè l'esser malcontento di voi, non è per lui altro che esser malcontento di se stesso rispetto a voi, e quindi in un modo o nell'altro tu nella sua idea resti superiore a lui stesso (che è quello appunto che gli dà pena); e gl'impedisci di ecclissar la opinione di te, con l'opinione e l'estimazione di se. Ne seguirà l'odio, ma non mai il disprezzo  2273 (neppur quando tu l'abbia fatto scontento con maniere biasimevoli, ed anche villane); e il disprezzo, o la poca opinione, è quello che in società importa soprattutto di evitare; e il solo che si possa evitare, perchè l'odio non è schivabile; essendo innato nell'uomo e nel vivente l'odiare gli altri viventi, e massime i compagni; non è schivabile per quanta cura si voglia mai porre nel soddisfare a tutti colle opere, colle parole, colle maniere, e nel ménager, e cattivare, e studiare, e secondare l'amor proprio di tutti. Laddove il disprezzo verso gli altri non è punto innato nell'uomo: bensì egli desidera di concepirlo, e lo desidera in virtù dell'odio che porta loro; ma dipendendo esso dall'intelletto, e da' fatti, e non dalla volontà, si può benissimo impedire. {+Tutti questi effetti sono maggiori oggidì di quello che mai fossero nella società, a causa del sistema di assoluto e universale e accanito e sempre crescente egoismo, che forma il carattere del secolo.} (22. Dic. 1821.).