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26. Dic. 1821.

[2288,1]  La lingua latina così esatta, così regolata, e definita, ha nondimeno moltissime frasi ec. che per la stessa natura loro, e del linguaggio latino, sono di significato così vago, che a determinarlo, e renderlo preciso non basta qualsivoglia scienza di latino, e non avrebbe bastato l'esser nato latino, perocch'elle son vaghe per se medesime, e quella tal frase e la vaghezza della significazione sono per essenza loro inseparabili, nè quella può sussistere senza questa. Come Georg. 1. 44. et Zephyro putris se gleba resolvit. * Quest'è una frase regolarissima, e nondimeno regolarmente e gramaticalmente indefinita di significazione, perocchè nessuno potrà dire se quel Zephyro significhi al zefiro, per lo zefiro,  2289 col zefiro ec. Così quell'altra: Sunt lacrimę rerum * ec. della quale altrove ho parlato p. 1337. E cento mila di questa e simili nature, regolarissime, latinissime, conformissime alla gramatica, e alla costruzione latina, prive o affatto, o quasi affatto d'ogni figura di dizione, e tuttavolta vaghissime e indefinibili di significato, non solo a noi, ma agli stessi latini. Di tali frasi abbonda assai più la lingua greca. Vedete come dovevano esser poetiche le lingue antiche: anche le più colte, raffinate, adoperate, regolate. Qual è la lingua moderna, che abbia o possa ricevere non dico molte, ma qualche frasi ec. di significato indefinibile, e per la sua propria natura vago, senz'alcuna offesa ec. della gramatica? La italiana forse alcun poco, ma molto al di sotto della latina. La tedesca credo che in questa facoltà vinca la nostra, e tutte le altre moderne. Ma ciò solo perch'ella non  2290 è ancora bastantemente o pienamente formata; perch'ella stessa non è definita, è capace di locuzioni indefinite, anzi, volendo, non potrebbe mancarne. Così accade in qualunque lingua, nè solo nelle locuzioni, ma nelle parole. La vaghezza di queste va in ragion diretta della poca formazione, {+uniformità, unità ec.} della lingua, e questa, della letteratura e conversazione, e queste, della nazione. Ho notato altrove pp. 1953-57 pp. 2080. sgg. pp. 2087-89 pp. 2177-78 come la letteratura tedesca non avendo alcuna unità, non abbia forma, giacchè per confessione dei conoscitori, il di lei carattere è appunto il non aver carattere. Non si può dunque dir nulla circa le facoltà del tedesco, che non può esser formato nè definito, non essendo tale la letteratura, (per vastissima ch'ella sia, e fosse anche il decuplo di quel che è) e mancando affatto la conversazione. Quindi anche le loro parole e frasi denno per necessità avere (come hanno) moltissimo d'indefinito.  2291 (26. Dic. 1821.).