29. Aprile. 1822.
[2404,1]
Alla p. 1287.
principio. Io son certo che gli antichi orientali, o i primi inventori
dell'alfabeto, non s'immaginarono che i suoni vocali fossero così pochi, e tanto
minori in numero che le consonanti. Anzi dovettero considerarli come infiniti,
vedendo ch'essi animavano, per così dire, tutta la favella, e discorrevano
incessantemente per tutto il corpo di essa, come il sangue per le vene degli
animali. O pure, (e questo credo piuttosto) non {li}
considerarono neppure come suoni, ma come suono individuo, e questo infinito e
indeterminabile e indivisibile, come appunto immaginarono gli antichi filosofi
quello spirito animator del tutto che totam agitat molem, et toto se
corpore miscet.
*
Ed è verisimile che l'idea di
rappresentare i suoni vocali col mezzo de' punti (alieni affatto, e avventizi
alla
2405 scrittura ebraica) non venisse (così tardi)
in mente ai rabbini, se non per la pratica che aveano contratta delle lingue
occidentali, diffuse nell'Asia da gran tempo ec. {+oltre che i medesimi ebrei s'erano già
sparsi da gran tempo per l'occidente, o per paesi
dove correvano le lingue occidentali.} Par che gli antichi ebrei
considerassero le vocali come spiriti, o come inseparabili dalle consonanti (p. e. א‚ ך ec.)laddove le consonanti per lo contrario sono
inseparabili dalle vocali. Ma la sottigliezza e la spiritualità, {e il continuo uso} del suono vocale nella favella,
impedivano loro di considerarlo nelle sue parti, se non come legato colle
consonanti, o colle aspirazioni che rendevano la vocale più aspra, più notabile,
più corporea, e quasi la trasmutavano
in consonante, ovvero esse stesse eran come consonanti, legate necessariamente a
questo o quel suono vocale; p. e. l'aspirazione א al solo suono dell'a, non comportando forse un'altra vocale, quella tal
razza di aspirazione ec. (29. Aprile. 1822.). {{V. p.
2500.}}