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5. Giugno. 1822.

[2463,2]  Alla p. 2457. marg. Qual nazione, se non dopo fatta Cristiana, non riputò per doni  2464 di Dio, e segni del favor celeste le prosperità, e per gastighi di Dio, e segni dell'odio suo le sventure? (Onde fra' più antichi, e fra gli stessi ebrei, come i lebbrosi ec., si fuggiva con orrore l'infelice come scellerato, e quando anche non si sapesse, o non si fosse mai saputa da alcuno la menoma sua colpa, si stimava reo di qualche occulto delitto, noto ai soli Dei, e la sua infelicità s'aveva per segno certo di malvagità in lui, e se l'avevano creduto buono, vedendo una sua sciagura, {credevano di disingannarsene.}). Al contrario accade nella nostra religione, la quale, se non altro, definisce per maggior favore, e segno di maggior favore di Dio l'infelicità, che la prosperità. (5. Giugno. 1822.).