22. Giugno. 1822.
[2487,1] Quel che si dice, ed è verissimo, che gli uomini per
lo più si lasciano governare dai nomi, da che altro viene se non da questo che
le idee e i nomi sono così strettamente legati nell'animo nostro, che fanno un
tutt'uno, e mutato il nome si muta decisamente l'idea, benchè il nuovo nome
significhi la stessa cosa? Splendido esempio ne furono i romani, esecratori del
nome regio, i quali non avrebbero tollerato un re chiamato re, e lo tollerarono
chiamato imperatore, dittatore, ec. e dichiarato inviolabile (cosa nuova) col
nome vecchio della potestà tribunizia. E che non avrebbero tollerato un re così
detto, si vede. Perocchè Cesare il
quale, bench'avesse il supremo comando, pur sospirava quel nome, non parendoli
essere re, se non fosse così chiamato, (e ciò pure per la sopraddetta qualità
dell'animo nostro, bench'egli fosse spregiudicatissimo), fattosi
2488 offerire la corona da Antonio ne' Lupercali, fu costretto rigettarla esso
stesso da' tumulti ed esecrazioni di quel popolo già vinto e schiavo, e che poi
chiamato di nuovo alla libertà, non ci venne. E gl'imperatori che furono dopo, e
che da principio (cioè finchè il nome d'imperatore non fu divenuto anche nella
immaginazion loro {e} del popolo, lo stesso e più che
re) ebbero lo stesso desiderio di Cesare, non crederono che quel popolo domo si potesse impunemente ridurre
a sostenere il nome di re, benchè non dubitarono di fargli avere {un re,} e di fargli tollerare ed anche amare la cosa
significata da questo nome. (22. Giugno. 1822.).