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12-13. Giugno 1823.

[2771,3]  Come la lingua latina abbia conservato l'antichità più della greca, si dimostra ancora con queste considerazioni. 1. La lingua latina conserva nell'uso comune de' suoi buoni tempi e de' seguenti (non solo degli anteriori) i temi, o altre voci regolari di verbi che tra' greci, avendo le stesse radici che in latino, ma essendo però difettivi o anomali, non conservano i loro primi temi o quelle tali voci regolari, o non le usano se non di rarissimo,  2772 o talmente ch'essi temi ed esse voci non si trovano se non presso gli antichissimi autori, o presso i poeti soli, i quali in ciascuna lingua che ha favella poetica distinta, conservano sempre gran parte d'antichità per le ragioni che ho detto altrove pp. 2639. sgg. Dovechè la lingua latina usa essi temi ed esse voci universalmente sì nella prosa come nel verso, ed usale ne' secoli in ch'ella era già formata e piena, ed usale eziandio non come rare, nè come quasi licenze o arcaismi, ma tutto dì e regolarmente e come temi e voci proprie e debite di quei verbi a' quali appartengono. Per esempio il verbo do, si è il tema di δίδωμι (e nota che questo verbo in greco non è neppure anomalo nè difettivo, {+ma l'uso l'ha cangiato interamente dal suo primo stato, a differenza del verbo latino do.).} Il qual tema conservasi nel latino in tutti i composti d'esso verbo, come {credo, edo, trado,} addo, {subdo, prodo, vendo, perdo,} indo, condo, reddo, dedo, {ec.} {+(ne' quali per istraordinaria anomalia è mutata la coniugazione di do dalla prima nella terza: non così in circumdo as, venundo as, pessundo as ec.).} Ma in nessun composto del verbo δίδωμι comparisce nel greco il suo vero tema. ῎Eδω voce e tema di verbo anomalo o difettivo, non si troverà,  2773 credo, in greco se non presso i poeti, ma tra' latini edo e il suo composto comedo sono voci e verbi di tutti i secoli e di tutte le scritture. Eo ἔω tema da cui nascono in greco tanti verbi, non si trova nè fra' poeti greci nè fra' prosatori ma egli è comune e proprio ai latini, e ne nasce un verbo usitatissimo, co' suoi composti, che tutti conservano il tema intatto {e conservano altresì tutta la sua coniugazione perfettamente,} redeo, abeo, exeo, ineo, subeo, coeo, {adeo, circumeo, pereo, intereo, obeo, prodeo, introeo, veneo, prętereo, transeo,} ec. Nessun composto greco conserva il tema ἔω. Lateo è il medesimo che λήϑω, voce, {e} tempo ben raro negli scrittori greci, e verbo difettivo in greco, ma {tema} comune e usitatissimo, e verbo quasi perfetto e regolare in latino. {Il tema λήϑω trovasi espressamente in Senofon. Simpos. c. 4. §. 48.} I Dori e gli Eoli dicevano probabilmente λάϑω. Patior che sta in luogo dell'attivo patio (il quale pur si trova nell'antica latinità) è più vicino al πήϑω, (Dor. ed Eol. πάϑω) inusitato in greco, che non è l'usitato πάσχω. {Composti, per-petior ec.} Il verbo fero, s'io non m'inganno, ha più voci in latino che in greco. Del tema sto equivalente all'inusitato στάω, altrove pp. 2142. sgg. {+Il tema στάω non si trova, ch'io sappia in greco. Il verbo si trova, cioè ἔστην ἕστηκα στήσας, στάς ec. ma è difettivo. Il verbo sto è intero.}
[2774,1]   2774 Viceversa saranno ben pochi quei verbi anomali o difettivi latini il cui proprio {puro} e vero tema, {disusato in latino,} o le cui voci che in latino sieno o perdute o irregolari, si conservino, e regolari, nell'uso greco universale d'ogni buon secolo e d'ogni genere di scrittura. Tale per esempio sarebbe il verbo μνάω, tema di memini (il qual memini è fatto per duplicazione della m, come in greco μέμνημαι {+e come molti preteriti latini, cecini, cecidi, dedi, steti, fefelli, poposci, pepuli, tetuli antico, da tulo o tollo, tetigi, pepigi, peperci, cecidi, spopondi, dedidi, tetendi, peperi, totondi, pependi, didici V. Gell. 7. 9.) ec.} Di questo verbo μνάω si conservano alcune voci nel greco, ma piuttosto presso i poeti che altrove: e dubito che in alcun luogo si trovi esso tema μνάω. {{Puoi vedere la p. 3691.}}
[2774,2]  E qui osservo che la lingua latina conserva ordinariamente i suoi temi più semplici e puri cioè composti di minor numero di lettere, che non fa la lingua greca. Il che si può vedere e per gli esempi sopraddotti, e per alcuni che s'adduranno[s'addurranno], e per moltissimi che si potrebbero addurre. Per esempio da δῶ o δόω, i greci, per la solita duplicazione o anadiplasiasmo, oltre l'inflessione in μι, fecero δίδωμι; come {da} περάω πιπράσκω,  2775 {da ϕάω o ϕάσκω πιϕάσκω o πιϕαύσκω,} da τρόω τιτρώσκω, da τράω τιτράω o τιτραίνω {o τίτρημι, da ϑέω τίϑημι, da πλῆϑω πίμπλημι o πιμπλάο o πιμπλάνω o πίπλημι, da τείνω e da τίω o da τίνω τιταίνω, da βάω βῆμι, βαίνω o βίβημι o βιβάσϑω, da χράω κιχράω o κίχρημι, da ὄνημι ὀνίνημι, da καλέω κικλήσκω,} da πρήϑω ec. πίμπρημι ec. da μνάω μιμνήσκω, da δράω διδρασκω, e mille altri. I latini conservarono il puro do. Così da λήϑω λανϑάνω. I latini lateo. {Così da λήβω λαμβάνω, da λήχω λαγχάνω, da τεύχω τυγχάνω, da μήϑω μανϑάνω, da δαρϑῶ δάρϑάνω, da βάω βαίνω, da πετάω πεταννύω o πετάννυμι, da χάζω χανδάνω, da ϕάω ϕάίνω o ϕαείνω e simili, da ἵζω ἱζάνω, da ἐρύκω ἐρύκάνω ec., da δύω δύνω, da διώκω ἀμύνω διωκάϑω ἀμυνάϑω, da κιχέω κιχάνω, da εἴκω εἰκάϑω, da ἴσχω ἰσχάνω e ἰσχανάω, da βλάστω βλαστάνω, ἀμαρτάνω, ἐρυγγάνω, οἰδάνω.} Cento forme e figure avevano i greci {+(o provenienti dalla varietà e proprietà de' dialetti, o d'altronde)} sì di alterare, come di accrescere gli elementi de' loro temi. Non così i latini. Quindi i loro temi o sono monosillabi, o più facili da ridursi alla radice monosillaba. {{V. p. 2811.}}
[2775,1]  2. Molte radici {+(o primitive o secondarie)} di vocaboli greci che non si trovano nel greco, o non sono in uso, {quantunque lo fossero già,} si conservano nel latino, e sono usitate. Può servir d'esempio la voce do, radice del verbo δίδωμι, il quale non è nè anomalo nè difettivo come ho detto di sopra. Ma δίδωμι è veramente lo stesso do (non un suo derivato) alterato, {cioè} duplicato ed inflesso alla maniera greca. ῾Aρπάζω si è un vero derivato di ἅρπω, il quale però non si trova ne' greci, o è rarissimo e solamente poetico. Ben si trova il suo participio fem. sostantivato ἅρπυιαι, che nella 2.da iscrizione triopea, è  2776 adoperato in forma aggettiva. I latini hanno rapio, che per metatesi è appunto il tema ἅρπω. Nello Scapula trovo senza esempio ἁρπῶ ed ἁρπῶμαι. Questo sarebbe contrazione di ἁρπάω (v. Schrevel. in ἁρπω), del quale ἁρπάζω non sarebbe un derivato ma quasi un'inflessione, come da πειράω, πειράζω. Ma di ἁρπάω non può venire ἅρπυιαι, bensì ἁρπηκυῖαι o ἡρπηκυῖαι. {{V. p. 2786.}}
[2776,1]  3. Com'è detto qui sopra, pp. 2774-5. la lingua latina è solita di conservar le parole molto più semplici quanto agli elementi, che non fa la lingua greca. E ciò si deve intendere non solo de' temi de' verbi o delle radici di qualunque vocabolo, ma d'ogni altra qualsivoglia voce. Per ὀδούς ὀδόντος i latini hanno dens {o} tis. Oλολύζω dev'essere un'alterazione di ὀλολύω come {τροχάζω di τροχάω,} πειράζω di πειράω, {δοκάζω di δοκάω, σκεπάζω di σκεπάω, διστάζω di διστάω da δίς e στάω,} {+V. p. 2825.} p. 3169. ἀνύττω o ἀνύτω di ἀνύω ec. {+Infatti ὀλολύω è molto più imitativo e conveniente che ὀλολύζω dove il ζ, quanto all'imitare, ci sta a pigione. Or questo verbo in origine è formato e nato evidentemente dall'imitazione del suo soggetto, come ululo. E non è maraviglia, perciocchè egli è vocabolo significativo d'un suono. {+V. p. 2811. e lo Scap. in ἀλαλάζω.}} I latini hanno ululo, {che certo è originalmente tutt'uno con ὀλολύζω, ed è tanto più semplice negli elementi.} Γιγνώσκω, {+verbo difettivo o anomalo,} è fatto per anadiplasiasmo da γνώσκω, il  2777 quale non è già il suo tema, ma sibbene γνόω, onde γνώσκω come da τρόω τιτρόσκω, da βρόω βρόσκω, {da βόω βώσκω, da βάω inusitato βάσκω poetico da περάω περαάσκω poetico, da βιόομαι βιώσκομαι, da γηράω inusitato γηράσκω, da ὄνημι ὀνισκω,} da ϕάω ϕάσκω, da περάω (contratto πράω) πιπράσκω. I latini hanno nosco senza l'anadiplasiasmo e senza il g. E qui pure si noti nel latino la conservazione dell'antichità. I greci medesimi dicono comunemente anche γινώσκω. Ma il puro tema di questo verbo, ch'è {νοΐσκω e per sineresi} νώσκω fatto da νόω (come i sopraddetti βρόω ec.), {da cui} gli Eoli γνόω (v. Lexic.), non si trova in tutta la grecità, e trovasi nel latino. Nel quale il verbo nosco è così regolare come i suoi uniformi, cresco, {suesco, nascor,} scisco e simili {+e in parte adolesco, exolesco, inolesco ec. pasco ec.} v. la pag. 3688. sqq. E comparisce nel latino il g eolico ne' composti di nosco, agnosco, cognosco, ignosco, dignosco (trovasi anche dinosco) prognosticum (sebben questa è voce tolta dal greco a dirittura, ai tempi di Cic. o circa). Negli altri composti, praenosco, internosco, il g non comparisce. {{V. p. 3695.}}
[2778,1]   2778 4. Molti attivi di verbi che in greco non conservano se non il medio (in senso attivo, o passivo, o in ambedue {{ἅλλομαι - salio.}}), o il passivo, {(in senso passivo o attivo ec.)} l'uno e l'altro, {o parte dell'uno, parte dell'altro, (com'è ordinarissimo),} segni certissimi di un verbo greco attivo perduto (come lo sono i deponenti in latino), o che in greco sono appena conosciuti, o solamente poetici, o antiquati o insoliti, sono comuni ed usitati universalmente in latino, o se non altro si conservano. Di cio[ciò] si potrebbero addurre non pochi esempi. Bastimi il verbo gigno, attivo di γίγνομαι che significa gignor e che in greco manca non solo di voce ma eziandio di significazione attiva. E notate che il verbo latino gigno nel perfetto e ne' tempi che dal perfetto si formano e nel supino, muta la i radicale in e, e perde il secondo g come appunto accade al greco γίγνομαι nelle sue inflessioni. Serva per altro esempio il verbo volo, il quale io dico esser la voce attiva di βούλομαι, cioè βούλω, mutato il b in v, come in tanti  2779 altri casi {(p. e. da βάδω vado),} v. p. 4014. e fatto dell'ου, ω, alla Dorica, cioè βώλω, come di βοῦς i dori βῶς, i latini bos, di ὕπνος gli Eoli ὤπνος (come ὠψηλός da ὑψηλός), i latini somnus, {di νύξ νώξ, nox: v. p. 3816.} oltre le solite mutazioni volgari di vulgus vulpes ec. in volgus volpes. (12-13. Giugno 1823.). {Βούλω si trovò certamente nell'antica lingua greca, come mostra il suo medio βούλομαι. E forse sì βούλω che ϑέλω {ed ἐϑέλω} furono fatti per πρόσϑεσιν dal tema monosillabo λῶ volo, onde λωΐων, λώϊστος ec. V. Lexic. E così ϑέλω volo viene forse dalla stessa radice del suo sinonimo βούλομαι, di cui però v. Ammon. de Different. vocabulor. (᾽Aβούλέω nolo è di Plat. e di Demost. nelle epist.) Di tal πρόσϑεσις se n'ha appunto un esempio in ϑέλω - ἐϑέλω. V. p. 3842.}