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15-16. Giugno 1823.

[2790,1]   2790 Il nome di Arpalice (della quale v. Forcell. in Harpalice) non credo che sia nato, nè si debba cercare altronde che dalla velocità ec. Io poi son d'opinione che nel citato luogo della Teogonia, 265-9, la voce ἁρπυίας non sia punto un appellativo, come hanno creduto i grammatici, gl'interpreti e i Lessicografi, ma un puro aggettivo significante ratte, veloci, il che mi persuadono sì il confronto del citato luogo dell'Iliade, sì le addotte osservazioni in proposito, sì tutto il contesto del luogo d'Esiodo.
Θαύμας * (figlio di Nereo e della Terra) δ' ᾽Ωκεανοῖο βαϑυῤῥείταο ϑύγατρα.
Ἠγαγετ' Ἠλέκτρην. ἡ δ' ὠκεῖαν τέκεν Ἶριν[Ιριν]
᾽Ηϋκόμους ϑ' Ἁρπυίας *
(così scrivono con lettera maiuscola) ῾Aελλώ τ᾽ ᾽Ωκυπέτην τε, * (nomi propri, e simboleggiano le procelle e i venti, come indica la loro etimologia, e come pur dicono i grammatici e gli interpreti).  2791
Aἵ ῥ' ἀνέμων πνοιῇσι καί οἰωνοῖς ἅμ᾽ ἕπονται
᾽Ωκείῃς πτερύγεσσι∙ μεταχρόνιαι γὰρ ἴαλλον. *

Io tengo per fermo che ἁρπυίας sia un secondo epiteto compagno di ἠϋκόμους. Il duplicare o moltiplicare gli epiteti senza congiungerli fra loro con alcuna particella congiuntiva, poco usitato dai poeti latini, è familiarissimo ai poeti greci; e proprissimo di Omero, e dietro lui, degli altri: siccome di Dante (secondochè osserva Monti nella Proposta) e degli altri poeti italiani. Vedi fra gli altri infiniti luoghi, odiss. α, 96-100, il qual luogo è ripetuto più d'una volta nell'Iliade, e s'io non fallo, anche nell'odissea.
[2791,1]  Del resto il luogo dell'iscrizione triopea ῞Αρπυιαι κλωθῶες ἀνηρείψαντο μέλαιναι * , dove ἅρπυιαι è manifesto aggettivo e sta per rapaci, nótisi essere espressamente imitato dai seguenti versi dell'odissea, ed averli l'autore avuti onninamente in vista.
Nῦν δέ μιν ἀκλειῶς ἅρπυιαι ἀνηρείψαντο * . α, 241. ξ, 371.
Tόϕρα δέ τὰς κούρας ἅρπυιαι ἀνηρείψαντο * . υ, 77.

 2792 Nótisi ancora l'aggettivo μέλαιναι compagno d'ἅρπυιαι e tuttavia non legato con questo per nessuna congiunzione.
[2792,1]  Il disuso del tema da cui venne il participio ἁρπυῖαι, il disuso di questa voce in senso o di participio o d'aggettivo, e l'uso comune della medesima per significare con nome appellativo quelle favolose bestie alate delle quali vedi Forcell. in Harpyiae, uso e favola che par più recente dei tempi d'Omero e d'Esiodo, dovettero indurre in errore i grammatici e gl'interpreti greci (e quindi i moderni) sopra il vero senso di quella voce negli addotti luoghi de' due poeti, e massime in quelli dell'odissea. V. l'interpretazione che ne dà Eustazio presso lo Scapula ec. {+Quando però non si voglia credere che la stessa mala intelligenza della voce ἅρπυιαι appresso Omero ec. (la qual mala intelligenza dev'essere molto antica) abbia dato origine ovvero occasione alla favola delle Arpie, il quale accidente non mancherebbe di esempi. Delle arpie vedi le note a Luciano, opp. Amstel. 1687. t. 1. p. 94. not. 5.} (15-16. Giugno 1823.).