14. Luglio 1823.
[2960,1] Supponete un cieco nato al quale una felice
operazione, nella sua età già matura o adulta, doni improvvisamente la vista.
Domandategli o considerate i suoi giudizi (dico giudizi e non sensazioni, le
quali non appartengono alla considerazione del bello esattamente e
filosoficamente inteso) circa il bello materiale o il brutto materiale degli
oggetti visibili che si presentano a' suoi occhi. E voi vedrete se questi
giudizi sono conformi al giudizio che generalmente si suol fare di quegli
oggetti sotto il rapporto del bello; o se piuttosto essi non sono difformissimi
o contrarissimi, non solo nelle minuzie e nelle finezze o delicatezze, ma nelle
parti e nelle cose più sostanziali. Di ciò non mancano esperienze
2961 effettive e prove di fatto, perchè la circostanza
ch'io ho supposta non manca di esempi reali.
[2961,1] E il cieco nato, restando cieco, quali idee
concepisce egli della forma umana e di quella degli {{altri}} oggetti ch'ei può pur conoscere per mezzo del tatto? quali
idee circa la loro bellezza o bruttezza? crediamo noi che queste idee, questi
giudizi ch'ei forma convengano colle idee e co' giudizi degli uomini che
veggono? e che sovente non sieno contrarissime a queste? Ma se esistesse un
bello ideale e assoluto, non dovrebbe il cieco nato conoscerlo, come si pretende
ch'ei conosca naturalmente e che tutti gli uomini conoscano il bello morale che
si crede essere assoluto, il qual bello morale niuno lo vede, come il cieco non
vede il bello materiale? E nelle qualità che si credono assolutamente belle o
brutte in questa o quella specie d'oggetti; e massime in quelle {qualità} che appartengono agli oggetti che il cieco nato
conosce per mezzo degli altri sensi fuor della vista; e più in quelle che
appartengono alla specie umana, della
2962 quale esso
medesimo cieco fa parte, non dovrebbero le idee ed i giudizi del cieco, in
quanto egli può comprenderle, convenire col giudizio e colle idee di quelli che
veggono, circa il bello e il brutto che ne deriva o che n'è composto? non
dovrebbero dico convenire, almeno per ciò che spetta al sostanziale e al
principale? Laddove ciascuno di noi è persuaso ch'esse idee e giudizi non
convengono coi nostri, se non forse accidentalmente, anzi per lo più ne sono
remotissimi e contrarissimi. (14. Luglio 1823.).