21. Luglio. 1823.
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Alla p. 2906.
Bell'effetto fanno nell'Aminta e nel Pastor fido, e
massime in questo, i cori, benchè troppo lambiccati e peccanti di seicentismo, e
benchè non vi siano introdotti se non alla fine e per chiusa di ciascun atto. Ma
essi fanno quivi l'offizio che i cori facevano anticamente, cioè riflettere
sugli avvenimenti rappresentati, veri o falsi, lodar la virtù, biasimare il
vizio, e lasciar l'animo dello spettatore rivolto alla meditazione e a considerare in grande quelle cose e quei
successi che gli attori e il resto del dramma non può e non dee
rappresentare se non come particolari e individue, senza sentenze espresse,
e senza quella filosofia che molti scioccamente pongono in bocca degli
stessi personaggi. Quest'uffizio è del coro; esso serve con ciò ed
all'utile {e profitto} degli spettatori che dee
risultare dai drammi, ed al diletto che nasce dal vago della riflessione e dalle
circostanze e cagioni spiegate di sopra. (21. Luglio. 1823.).