21. Luglio. 1823.
[3004,1] Frequentissimo nell'italiano scritto, e più nello
spagn. scritto e parlato si è l'uso del verbo andare,
andar (non ir), in senso
di essere. Ecco Seneca tragico (ap. Forc. in eo
is, col. 3. princip.), Non ibo inulta.
*
{Appo Oraz.
Sat. II. 1. v. ult. tu missus abibis
*
è lo stesso
che missus, cioè absolutus
eris, cioè mittēris o absolvēris. {{i greci οἴχεσϑαι con
participio: uso analogo al nostro ec. ec.}}}
Notate che noi abbiam preso indubitatamente quest'uso dagli spagn. (infatti esso
è frequentissimo nei nostri secentisti con cento altri spagnuolismi: nei
500[cinquecentisti] o
300isti[trecentisti], non si trova, ch'io
mi ricordi, o mai o quasi mai). E Seneca
appunto è spagnuolo. La frase
dell'egizio Claudiano
qui vindicet
ibit,
*
cioè erit, è d'altro
genere, perchè nè gli spagn. nè gl'italiani non usano andare per essere se non seguìto
effettivamente o potenzialmente da un aggettivo che ha forza di predicato. Qua
si deono forse riferire le frasi, andar la bisogna,
la cosa ec. così andò il
fatto, così va per così
è, va bene, come va la
salute ec. ec. V. i Diz. franc. e spagn.
(21. Luglio. 1823.). {{V. p.
3008.}}