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27. Agos. 1823.

[3282,1]  Alla p. 3275. marg. - Anzi quanto più questi tali son franchi, coraggiosi, non timidi dell'altrui aspetto nè dell'altrui conversazione, schietti, aperti, liberi nel parlare, nei modi, nell'operare, intolleranti di dissimulare e di mentire (anche, tal volta, eccessivamente); e quanto più sono vendicativi delle ingiurie, fieri con chi gli offende o insulta o disprezza o danneggia, quanto meno molli e facili ai nemici, agl'invidiosi, ai detrattori, ai maldicenti, agli oltraggiatori, agli offenditori qualunque; {+ed eziandio quanto più pendono a una certa soverchieria di parole o di fatti verso chi non è nè compassionevole nè bisognoso, amico o indifferente o nemico che sia; proclivi o facili all'ira, anche durevole;} tanto più sono misericordiosi e benefici verso gli amici o gl'indifferenti {+(dandosene {loro} l'occorrenza, e la facoltà ec. e in questi il bisogno o l'utilità ec.), o verso} i nemici stessi e gli offenditori, vinti che sieno, o già puniti, o chiedenti scusa o perdono, o riparata che hanno l'offesa, o anche senz'altro caduti in grave disgrazia o bisogno, ed avviliti ec. (Tale fu Giulio Cesare come si vede in Svetonio). E il contrario accade negli uomini di contraria qualità:  3283 il contrario, dico, sì quanto al compatire o beneficare chi che sia, sì quanto al rimettere o dimenticare le ingiurie. E di contraria qualità sono gli uomini timidi, di maniere legate, deboli di corpo e d'animo ec. quali ho descritti a pagg. 3279-80. (27. Agos. 1823.).