3. Settembre 1823.
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Alla p. 3098.
Tutte le nazioni e società primitive, non altrimenti che oggidì le selvagge,
riputarono l'infelice e lo sventurato per nemico agli Dei o a causa di vizi e
delitti ond'ei fosse colpevole, o a causa d'invidia o d'altra passione o
capriccio che movesse i Numi ad odiar lui in particolare o la
sue[sua] stirpe ec. secondo le diverse idee
che tali nazioni avevano della giustizia e della natura degli Dei. Un'impresa
mal riuscita mostrava che gli Dei l'avessero contrariata o per se stessa o per
odio verso l'imprenditore o gl'imprenditori. Un uomo solito a échouer nelle sue intraprese, era senza fallo in ira
agli Dei. Una malattia, un naufragio, altre tali disgrazie provenienti più
dirittamente dalla natura erano segni più che mai certi dell'odio divino. Si
fuggiva quindi l'infelice, come il colpevole; se gli negava ogni soccorso e
compassione, temendo di farsi complice in questo modo della colpa, per poi
divenire partecipe della pena. Qua si dee riferire l'infamia pubblica in cui
erano i lebbrosi appresso gli Ebrei, e lo sono ancora, s'io non m'inganno, appo
gl'indiani. Gli amici {e la moglie} di Giobbe lo
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stimarono uno scellerato, com'ei lo videro percosso da tante disgrazie, benchè
testimonii dell'innocenza della passata sua vita. I Barbari dell'isola di
Malta vedendo l'Apostolo S. Paolo naufrago, e pur salvato in terra, e
quivi assalito da una vipera, lo stimarono un omicida che la divina vendetta
perseguitasse per ogni dove (Act. cap. 28. 3-6.) Rimane eziandio nelle
antiche lingue il segno, come d'ogni altra antica cosa, così di queste opinioni.
Tάλας (Aristoph.
Plut.) 4. 5. 19.), κακοδαίμων (ib. 4. 3.
47.), ἄϑλιος e simili nomi tanto valevano infelice, quanto malvagio,
scellerato ec. V. i latini. Onde anche tra noi sciagurato, disgraziato, misero,
miserabile {ec.} hanno l'uno e l'altro significato;
ovvero si attribuiscono altrui anche per avvilimento e disprezzo. Così in
francese malheureux, miserable ec. Cattivo ha perduto affatto il significato di
misero, che prima ebbe, ma non quello di ribaldo, reo, malo ch'è il suo più
ordinario e volgare significato oggidì. (3. Settembre 1823.). {{V. p. 3351.}}
{μοχϑηρός, πονηρός (πόνηρος infelix) μοχϑηρία, πονηρία ec. ec. V. lo Scapula, e p. 3382. κακοδαίμων quegli
che ha nemico τὸ δαιμόνιον cioè la
divinità, o τὸν δαίμονα. Ma e' vuol dire infelice. Luciano congiunge ϑεοῖς ἐχϑροὺς καὶ
κακοδαίμονας. Εὐδαίμων ch'ha gli dei amici, ma e'
vuol dir fortunato, felice. V. lo Scapula in queste voci e in
ἐχϑροδαίμων, e in βαρυδαίμων co' derivati ec. e Aristot.
Polit. l. 3. p. 260. e ivi
il Vettori (ed. Flor. 1576.).}