23. Dic. 1820.
[455,2]
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Fortunati ambo! si quid mea carmina possunt,
Nulla dies umquam memori vos eximet aevo:
456
Dum domus Aeneae
Capitoli immobile saxum
Adcolet, imperiumque pater Romanus habebit.
Usque ego postera
Crescam laude recens, dum Capitolium
Scandet cum tacita virgine pontifex.
[456,1]
Roma non è più la Regina del mondo, nè il padre Romano
tiene le redini dell'imperio, nè il pontefice ascende più al
Campidoglio colla Vestale, e questo da lunghissimo
tempo; e tuttavia si leggono ancora i versi di Virgilio, e Niso ed Eurialo non son caduti dalla memoria
degli uomini, e {dura} la fama di Orazio. La fortuna giuoca nel mondo, e certo questi
poeti non s'immaginavano che il tempo dovesse penar più a distruggere i versi
loro, che l'immenso e saldissimo imperio Romano, opera di
tanti secoli. Ma quelle carte sono sopravvissute a quella gran mole, per mero
giuoco della fortuna la quale ha distrutte infinite altre opere degli antichi
ingegni, e conservate queste oltre allo spazio segnato dalla stessa speranza,
dallo stesso amor proprio, dalla stessa forza immaginativa de' loro autori.
(23. Dic. 1820.).