3. Novembre 1823.
[3818,1]
Alla p. 3573.
Questa proposizione è molto azzardata. Bisogna intenderla lassamente. Per
rispetto alla lingua francese è vera, parlando generalmente. Ma per rispetto
all'italiana, dubito che sia vero neppur generalmente, ben compensate che sieno
insieme le conformità estrinseche che hanno le lingue italiana e spagnuola colla
latina. Il suono della lingua spagnuola ha più del latino, ma questa è quasi
un'illusione de' sensi. Perchè quei tali suoni latini non sono nello spagnuolo a
quei luoghi in cui erano nel latino. Per esempio la moltitudine degli s contribuisce, e forse principalmente, a
rassomigliare il suon dell'una lingua a quello dell'altra. Ma lo spagn. abbonda
di s, principalmente perchè in essa
3819 lingua tutti i plurali terminano in quella lettera. Non così in
latino. (Vero è però che in latino la terminazione in s è propria di tutti gli accusativi plurali non neutri. Ora, secondo
Perticari, i nomi latini
trasportati nelle lingue figlie, son tutti fatti dagli accusativi delle
declinazioni rispettive latine. Quindi che nello spagn. la terminazione in s sia caratteristica de' plurali, potrebb'esser preso
dal latino, e cosa anch'essa latina. E quest'osservazione può essere di non poco
peso a confermare l'opinione di Perticari; {(sebben ei parla solamente de'
singolari, i quali fatti dall'accusativo latino generano poi i plurali al
modo nostro)} mentre altri con più apparenza di ragione, ma forse men
verità, vogliono che i nostri nomi sieno gli ablativi latini. P. e. amore ec. Ma veramente non si vede perchè, dovendosi
perder l'uso degli altri casi, e restare un solo per tutti, com'è avvenuto nelle
lingue moderne, e come, certo in gran parte, dovette avvenire anche nell'antico
latino volgare e parlato, avesse a prevaler l'uso dell'ablativo. Ben è
consentaneo che l'accusativo si usasse in vece degli altri casi ec. {v. p. 3907.}) L'aggiunger {sempre} la es ai singolari
terminati in consonante non è uso latino, se non in certi casi, e nella terza
declinazione. (Noi per la terminazione de' plurali imitiamo i nominativi {latini} della seconda e della prima. {#1. Sicchè quanto alla terminazione de' plurali, la
conformità dello spagn. col latino, supposta eziandio e conceduta, come
sopra, non si può dire che superi punto quella dell'italiano. Del resto quel
continuo s che si sente nello spagnuolo fa un
suono che tutto insieme considerato è così poco, o tanto, latino, quanto le
continue terminazioni vocali dell'italiano. Il latino è temperato di queste
e di quelle, ed eziandio insieme d'altre molte terminazioni; sicchè
veramente il suo suono, parlando pure in generale e astrattamente non è nè
quello dell'italiano nè anche quello dello spagnuolo. Ben è vero che nello
spagnuolo le terminazioni consonanti sono miste come in latino, alle vocali,
laddove in italiano non v'ha quasi che le vocali; e nello spagnuolo, benchè
la terminazione in s sia, almeno tra le
consonanti, la più frequente, pur v'ha diverse terminazioni consonanti, come
in latino; e niuna terminazione in consonante, che non sia propria, credo,
anche del latino (al contrario che in francese in tedesco ec.), benchè non
sempre, anzi non il più delle volte, ne' casi stessi; e le terminazioni
vocali son piane come in latino e non acute ossia tronche come in francese.
Sotto questi aspetti il suono dello spagnuolo è veramente più conforme al
latino che non è non solo il francese ma neppur l'italiano. E da queste
ragioni nasce che udendo lo spagnuolo si possa più facilmente confonderlo
col latino che non fa il francese nè anche l'italiano. E questo effetto,
sotto questi aspetti, non è un'illusione, nè una cosa che non meriti esser
considerata, e che non abbia un principio e una ragione di conformità o
simiglianza reale. La terminazione consonante in d
frequente nello spagnuolo è rara in latino ma pur v'è, come in ad, illud, id, istud, sed ec.).} Del resto anche in francese
(bensì nel solo francese scritto) la terminazione in s
(e a' singolari terminati in consonante, si aggiunge talvolta la es, se non m'inganno) è caratteristica del plurale
(quella in x vien pure a essere in s); sicchè lo spagnuolo in questa parte non
prevarrebbe al francese se non in quanto ei pronunzia sempre la s, e il francese solo talvolta, e piuttosto per
accidente che per altro. Quanto all'
3820 italiano,
anche nelle forme regolari delle coniugazioni, esso in molte cose assai più
conforme al latino che non è lo spagnuolo. V. p. e. le pag. 3699-701. e la mia teoria de' continuativi dove si parla del digamma
eolico in amaFi ec pp. 1126-27. E
basti osservare che lo spagn. non ha che tre coniugazioni; l'italiano le ha
tutte quattro, e tutte, in molti caratteri, corrispondenti alle rispettive
latine, come negl'infiniti āre, ēre, ĕre, īre (lo
spagnuolo manca del 3.o e gli altri non gli ha che tronchi), e in altre cose.
Anche il francese ha 4. coniugazioni, ma non corrispondono alle latine (eccetto
quella in ir quanto all'infinito ec.), e la conformità
del numero {(cioè l'esser 4. come in latino)} sembra,
ed è forse, un puro caso; il che non si può certo dire dell'italiano. E quanto
alla conservazione della latinità in mille e mille altre sì regole, sì voci
particolari materialmente considerate, sì frasi considerate pure materialmente
(chè ora parliamo dell'estrinseco), {significati ed usi delle
parole e frasi, anche propri originalmente o sempre del popolo e del
parlato, non del solo illustre ec.} dubito assai che lo spagnuolo
possa esser preposto, anzi pure agguagliato all'italiano. Questa e quell'altra
voce {ec.} sarà più latina in ispagnuolo che in
italiano (così avverrà alcune volte che nello stesso francese una voce ec. sia
più latina che nelle due sorelle, {o in una di loro,} o
che queste {o l'una di esse,} non abbiano una voce ec.
nel francese conservata, {+nè pertanto
sarà chi dica la latinità conservarsi più nel francese che nelle sorelle, o
che nell'una di esse}); questa e quella voce latina resterà nello
spagnuolo, e all'italiano mancherà; ma, raccolti i conti {e
computati i casi contrarii, e posto tutto insieme,} io credo che in
tutte queste cose l'italiano soverchi lo spagnuolo di grandissima lunga.
(3. Novembre 1823.).