13. Feb. 1821.
[651,1]
La
curiosité est une connoissance commencée, qui vous fait aller plus loin
et plus vîte dans le chemin de la vérité.
*
Mme de Lambert, lieu cité ci-dessus, p. 72.
Non intendo pienamente il sentimento della marchesa, ma il fatto è questo. La
curiosità o il desiderio di conoscere, non è per la massima parte, se non
l'effetto della conoscenza. Esaminate la natura, e
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vedrete quanto la curiosità sia piccola, leggera e debole nell'uomo primitivo;
come non gli cada mai nella testa il desiderio di saper quelle cose che non gli
appartengono, o che sono state nascoste dalla natura (p. e. le cose fisiche,
astronomiche ec. le origini i destini dell'uomo, degli animali, delle piante,
del mondo); com'egli sia incapace d'intraprendere qualche seria operazione per
informarsi di cosa veruna, e molto meno di cosa difficile a conoscersi (e queste
sono appunto quelle che non si dovevano conoscere, e l'ignoranza delle quali,
basta alla felicità dell'uomo, ancorchè informato di altre cose facili ed
ovvie). Piuttosto l'immaginazione sua supplisce, e gli fa credere di sapere una
causa, che realmente non è quella ec. In somma non è niente vero, che l'uomo sia
portato irresistibilmente verso la verità e la cognizione. La curiosità, qual è
oggidì, e da gran tempo, è una di quelle qualità corrotte, con uno sviluppo e un
andamento non dovuto, come tante altre qualità, passioni ec. buone ed utili,
anzi necessarie in
653 quel grado che la natura aveva
dato loro, ma pessime e mortifere, quando sono passate ad altri gradi, e
sviluppatesi più del dovere, e modificatesi diversamente. Così che sebbene
queste qualità e passioni sieno naturali in radice, ed umane, non perciò sono
naturali, quali si trovano oggidì, nè dal loro stato presente si deve giudicare
della natura e costituzione dell'uomo, nè dedurne intorno ai nostri destini
quelle conseguenze che se ne deducono. (13. Feb. 1821.). {{V. p. 657. capoverso 1.}}