28. Feb. 1821.
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Alla p. 694.
Perchè la lingua non era ancora formata nè stabilita, nè il suo corpo ordinato,
e neppure la sua gramatica. Essi la formavano, ma per forza del tempo, e
706 di circostanze accidentali ed estrinseche, non come
Omero per forza del suo proprio
ingegno formava l'Epopea. (Eccettuo però Dante
Petrarca e il Boccaccio: e nel secondo massimamente ritrovo una forma
ammirabilmente stabile, completa, {ordinata, adulta,}
uguale, e quasi perfetta di lingua, degnissima di servire di modello a tutti i
secoli quasi in ogni parte.) Quindi non è maraviglia se quel trecentista andava
per una strada, quest'altro per un'altra; se non ci è maggiore difficoltà che
mettergli d'accordo tra loro, e coll'ordine della lingua, {anche in cose essenziali,} e ordinare la forma e i precetti della
lingua sopra i trecentisti; se formicano d'imperfezioni e di scorrezioni; se non
sono uguali neppure, {nè} in verun modo a se stessi ec.
ec. ec. Formata che fu la lingua, allora divenne possibile, necessaria e difficilissima la perfezion sua:
la qual perfezione da nessun secolo è stata portata nè in così alto grado, nè in
tanta universalità come nel cinquecento.
707 Ed ecco in
qual senso e per quali ragioni io dico che il cinquecento fu il vero ed unico
secol d'oro della nostra lingua; cioè rispetto all'adoprarla, dove che il
trecento l'avea preparata; rispetto allo spendere quel tesoro che il trecento
avea magnificamente e larghissimamente accumulato; e in tal maniera che della
lingua sarà sempre poverissimo chi non si provvederà immediatamente a quel
tesoro: essendo veramente il trecento la sorgente ricchissima {inesausta} e perenne della nostra lingua; sorgente
aperta e necessaria a tutti i secoli. (28. Feb. 1821.).