19. Sett. 1828.
[4382,1]
4382
Ivi, §. 150. Senza ritoccare la questione (e ne discorro
altrove
*
(forse nell'articolo sull'Odissea di
Pindem.), e la
tengo oggimai definita) se i due poemi sgorgavano da un solo ingegno
nella medesima età, (Payne Knight,
Carmina Homerica, Prolegomena, sect. LVIII.
- e il volumetto, "A History of the text of the
Iliad."
*
Nota.) chi non vede che sono dissimili
in tutto fra loro, e che tendevano a mire diverse? Perciò nell'iliade la realtà sta
sempre immedesimata alla grandezza ideale, sì che l'una può raramente
scevrarsi dall'altra, nè sai ben discernere quale delle due vi
predomini; e chi volesse disgiungerle, le annienterebbe. Bensì nell'Odissea la natura
reale fu ritratta dalla vita domestica e giornaliera degli uomini, e la
descrizione piace per l'esattezza; mentre gli incanti di Circe, e i buoi del Sole, e
i Ciclopi,
Cetera quae vacuas tenuissent carmine mentes,
compiacciono all'amore delle meraviglie: ma l'incredibile vi sta da sè; e il vero da sè. * * (19. Sett. 1828.).
Cetera quae vacuas tenuissent carmine mentes,
compiacciono all'amore delle meraviglie: ma l'incredibile vi sta da sè; e il vero da sè. * * (19. Sett. 1828.).