5. Marzo 1821.
[718,1] L'uomo d'immaginazione di sentimento e di entusiasmo,
privo della bellezza del corpo, è verso la natura appresso a poco quello ch'è
verso l'amata un amante ardentissimo e sincerissimo, non corrisposto nell'amore.
Egli si slancia fervidamente verso la natura, ne sente profondissimamente tutta
la forza, tutto l'incanto, tutte le attrattive, tutta la bellezza, l'ama con
ogni trasporto, ma quasi che egli non fosse punto corrisposto, sente ch'egli non
è partecipe di questo bello che ama ed ammira, si vede fuor della sfera della
bellezza, come l'amante
719 escluso dal cuore, dalle
tenerezze, dalle compagnie dell'amata. Nella considerazione e nel sentimento
della natura e del bello, il ritorno sopra se stesso gli è sempre penoso. Egli
sente subito e continuamente che quel bello, quella cosa ch'egli ammira ed ama e
sente, non gli appartiene. Egli prova quello stesso dolore che si prova nel
considerare o nel vedere l'amata nelle braccia di un altro, o innamorata di un
altro, e del tutto noncurante di voi. Egli sente quasi che il bello e la natura
non è fatta per lui, ma per altri (e questi, cosa molto più acerba a
considerare, meno degni di lui, anzi indegnissimi del godimento del bello e
della natura, incapaci di sentirla e di conoscerla ec.): e prova quello stesso
disgusto e finissimo dolore di un povero affamato, che vede altri cibarsi
dilicatamente, largamente, e saporitamente, senza speranza nessuna di poter mai
gustare altrettanto. Egli insomma
720 si vede e conosce
{escluso senza speranza, e} non partecipe dei
favori di quella divinità che non solamente, ma gli è anzi così presente così
vicina, ch'egli la sente come dentro se stesso, e vi s'immedesima, dico la
bellezza astratta, e la natura. (5. Marzo 1821.).