16. Febbr. 1829.
[4461,2] Nelle razionali speculazioni circa la natura delle
cose, è da aver sempre avanti gli occhi questo assioma importantissimo: che dal
vedere che da certe disposizioni poste dalla natura in certi esseri, facilmente
e frequentemente {(o anche sempre)} nascono certe
qualità; che certe qualità, pur date dalla natura, facilmente e frequentemente
ricevono certe modificazioni; che certe cause facilmente e spesso producono
certi effetti; dal vedere, dico, queste cose, non si può dedurre che ciò segua
naturalmente; che quelle qualità, quelle modificazioni, quegli effetti sieno
voluti dalla natura; che la intenzione della natura sia stata che essi avessero
luogo, allorchè ella pose in quegli esseri quelle disposizioni, qualità o cause.
Se uno fa una spada, e un altro se ne serve a fettare il pane, non segue che
l'intenzione del fabbricatore fosse che quello strumento fettasse il pane,
benchè quella spada possa servire, e {benchè} serva
attualmente, a quest'uso. Infiniti sono i disordini nel corso delle cose, non
solo possibili, ma facilissimi ad accadere; moltissimi tanto facili,
4462 che quasi sono certi ed inevitabili: nondimeno son
disordini manifesti, nè si possono attribuire ad intenzione della natura. Per un
esempio fra mille: niente è più facile {nè} più
frequente in certe specie di animali, che il veder le madri o i padri mangiarsi
i propri figliuoli, bersi le proprie uova o quelle della compagna. Questo
disordine orribile, che fa fremere, tende dirittamente {e più
efficacemente d'ogni altro} alla distruzione della specie: è
impossibile attribuire ad intenzione della natura, la cui tendenza continua alla
conservazione delle specie esistenti, è una delle cose più certe che di lei si
possono affermare, {e} che in lei sembrino manifestarci
un'intenzione; attribuirle dico un disordine per cui il produttore stesso
distrugge il prodotto, il generante il generato. Se la natura procedesse
intenzionalmente in tal modo, già da gran tempo sarebbe finito il mondo. Da
queste considerazioni segue, che {per quanto} il
fenomeno dell'incivilimento dell'uomo sia possibile ad accadere; per quanto,
considerate le disposizioni e le qualità poste in noi dalla natura e costituenti
l'esser nostro, esso fenomeno possa parer facile, inevitabile; per quanto sia
comune; noi non abbiamo il diritto di giudicarlo naturale, voluto
intenzionalmente dalla natura. Grandissimi e vastissimi avvenimenti, fecondi di
conseguenze sommamente moltiplici, importantissime, possono aver luogo a mal
grado, per così dire, della natura. (16. Febbr. 1829.). {{V. p. 4467. 4491.}}