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2. Aprile. 1829.

[4479,3]  Alla p. 4470. Pur quelle διαλέξεις, così imposture come sono, le quali quantunque non antichissime, pur sono certamente antiche (l'Orelli, al quale però io non consento, nelle note, p. 633, le crede anteriori a Pirrone e agli Scettici; e nella pref. del vol., scritta dopo le note, p. Χ., le stima poco posteriori al filosofo Crisippo,  4480 anzi, p. xi. sospetta che sieno più antiche di Crisippo e dello stesso Platone; benchè le riconosca indubitatamente per imposture nelle note, e per opera di un sofista nella pref.: e il Visconti, Mus. Pio-Clem. t. 3. p. 97. ed. Mil., nelle note all'imagine di Sesto Cheronese filosofo del tempo degli Antonini, le fa pluribus seculis antiquiores * (Orell.), di esso Sesto), possono ben servire a darci un'idea dell'antichissima prosa greca, a noi necessariamente sì poco nota; poichè quell'impostore, per mentir l'antichità, giudicò servirsi di un linguaggio di quella forma. Nei frammenti, sì morali e politici, e sì matematici e fisici, che portano il nome di Archita pitagorico (i quali io non so se sieno di Archita (Orell. pref. p. xi.), nè di quale Archita (ib. p. 672.); ma in parecchi di loro credo veder caratteri e segni certi di molta antichità), l'arte dello esprimere i pensieri in prosa, si vede non più bambina; non però adulta; ma quasi ancora fanciulla: un aggirarsi, un confondersi spesso, uno stentare (un sudare in) a darsi ad intendere, a disporre e congiungere insieme gl'incisi e i periodi. (2. Aprile. 1829.).