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Recanati. 14. Aprile. Martedì santo. 1829.

[4488,2]  Alla p. 4439. Quando io mi sono trovato abitualmente disprezzato e vilipeso dalle persone, sempre che mi si dava occasione di qualche sentimento o slancio di entusiasmo, di fantasia, o di compassione, appena cominciato in me qualche moto, restava spento. Analizzando quel ch'io provava in tali occorrenze, ho trovato, che quel che spegneva in me immancabilmente ogni moto, era un'inevitabile occhiata che io allora, confusamente e senza neppure accorgermene, dava a me stesso. E che, pur confusamente, io diceva: che fa, che importa a me questo (la bella natura, {una poesia ch'io leggessi,} i mali altrui), che non sono nulla, che non esisto al mondo? {+V. p. 4492.} E ciò terminava tutto, e mi rendeva così orribilmente apatico com'io sono stato per tanto tempo. Quindi si vede chiaramente che il fondamento {essenziale e} necessario della compassione, anche in apparenza la più pura, la più rimota da ogni relazione al proprio stato, passato o presente, e da ogni confronto con esso, è sempre il se stesso. E certamente senza il sentimento e la coscienza di un suo proprio essere e valere qualche cosa al mondo, è impossibile provar mai compassione; anche escluso affatto ogni pensiero o senso di alcuna propria disgrazia speciale, nel qual caso la cosa è notata, ma è ben distinta da ciò ch'io dico. E al detto  4489 sentimento e coscienza, come a suo fondamento essenziale, la compassione si riferisce dirittamente sempre; quantunque il compassionante non se n'accorga, e sia necessaria un'intima e difficile osservazione per iscoprirlo. Quel che si dice dei deboli, che non sono compassionevoli, cade sotto questa mia osservazione, ma essa è più generale, e spiega la cosa diversamente. Ciò che dico del sentimento di se stesso, e della considerazione e stima propria, vale ancora per la speranza: chi nulla spera, non sente, e non compatisce; anch'egli dice: che importa a me la vita? Fate qualche atto di considerazione a chi si trova spregiato, dategli una speranza; una notizia lieta; poi porgetegli un'occasione di sentire, di compatire: ecco ch'egli sentirà e compatirà. Io ho provato, e provo queste alternative, e di cause e di effetti, sempre rispondenti questi a quelle: alternative attuali, o momentanee; ed alternative abituali e di più mesi, come, da città grande passando a stare in questa infelice patria, e viceversa. Il mio carattere, e la mia potenza immaginativa e sensitiva, si cangiano affatto {l'uno e l'altra} in tali trasmigrazioni. (Recanati. 14. Aprile. Martedì santo. 1829.).