10. Aprile. 1821.
[926,2] In qualunque nazione o antica o moderna s'incontrano
grandi errori contrari alla natura, come dovunque grandi cognizioni contrarie
alla natura; quivi non s'incontra niente o ben poco di grande di bello di buono.
E questo è l'uno de' principali motivi per cui le nazioni orientali, ancorchè
grandi, ancorchè la loro storia rimonti a tempi antichissimi, tempi
ordinariamente compagni del grande e del bello; ancorchè ignorantissime in
ultima analisi, e quindi prive dei grandi ostacoli della ragione e del vero, e
questo anche oggidì; tuttavia non offrano quasi niente di {vero} grande nè di {vero} bello, e ciò tanto
927 riguardo alle azioni, ai costumi, all'entusiasmo
e virtù della vita, quanto alle produzioni dell'ingegno e della immaginazione. E
la causa per la quale i Greci e i Romani soprastanno a tutti i popoli antichi, è
in gran parte questa, che i loro errori e illusioni furono nella massima parte
conformissime alla natura, sicchè si trovarono egualmente lontani dalla
corruzione dell'ignoranza, e dal difetto di questa. Al contrario de' popoli
orientali le cui superstizioni ed errori, che sebbene moderni e presenti, si
trovano per lo più di antichissima data, furono e sono in gran parte contrarie
alla natura, e quindi con verità si possono chiamar barbare. E si può dire che
nessun popolo antico, nell'ordine del grande e del bello, può venire in paragone
de' greci e de' Romani. Il che può derivare anche da questo, che forse i secoli
d'oro degli altri popoli, come degli Egiziani, degl'Indiani, de' Cinesi, de'
Persiani ec. ec. essendo venuti più per tempo, giacchè questi popoli sono molto
più antichi, la memoria loro non è passata fino a noi, ma rimasta nel buio
dell'antichità, col quale viene a coincidere la epoca dei detti secoli; e per lo
contrario ci è pervenuta la memoria sola della loro corruzione e barbarie,
succeduta naturalmente alla civiltà, e abbattutasi ad esser contemporanea della
grandezza e del fiore dei popoli greco e Romano, la qual grandezza occupa
928 e signoreggia le storie nostre, alle quali per la
maggior vicinanza de' tempi ha potuto pervenire, e perch'ella signoreggiò
effettivamente in tempi più vicini a noi. Anzi si può dire che quanto ci ha di
grande {e di bello} rispetto all'antichità nelle
storie, e generalmente in qualunque memoria nostra, tutto appartiene all'ultima
epoca dell'antichità, della quale i greci e i Romani furono effettivamente gli
ultimi popoli. Q371884Ὦ Ἕλληνες
ἀεὶ παῖδες ἐοτὲ ec. Platone in persona di quel sacerdote Egiziano. (10.
Aprile. 1821). {{V. p. 2331.}}