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16. Aprile 1821.

[945,1]  Si condanna, e con gran ragione, l'amor de' sistemi, siccome dannosissimo al vero, e questo danno tanto più si conosce, e più intimamente se ne resta convinti, quanto più si conoscono e si esaminano le opere dei pensatori. Frattanto però io dico che qualunque uomo ha forza di pensare da se, qualunque s'interna colle sue proprie facoltà e, dirò così, co' suoi propri passi, nella considerazione delle cose, in somma qualunque vero pensatore, non può assolutamente a meno di non formarsi, o di non seguire, o generalmente di non avere un sistema.
[946,1]   946 1. Questo è chiaro dal fatto. Qualunque pensatore, e i più grandi massimamente, hanno avuto ciascuno il loro sistema, e sono stati o formatori o sostenitori di qualche sistema, più o meno ardenti e impegnati. Lasciando gli antichi filosofi, considerate i moderni più grandi. Cartesio, Malebranche, Neuton, Leibnizio, Locke, Rousseau, Cabanis, Tracy, De Vico, {Kant,} in somma tutti quanti. Non v'è un solo gran pensatore che non entri in questa lista. E intendo pensatori di tutti i generi: quelli che sono stati pensatori nella morale, nella politica, nella scienza dell'uomo, e in qualunque delle sue parti, nella fisica, nella filosofia d'ogni genere, nella filologia, nell'antiquaria, nell'erudizione critica e filosofica, nella storia filosoficamente considerata ec. ec.
[946,2]  2. Come dal fatto così è chiaro anche dalla ragione. Chi non pensa da se, chi non cerca il vero co' suoi propri lumi, potrà forse credere in una cosa a questo, in un'altra a quello, e non curandosi di rapportare le cose insieme, e di considerare come possano esser vere relativamente fra loro, restare affatto senza sistema, e contentarsi delle verità particolari, e staccate, e indipendenti l'una dall'altra. E questo ancora è difficilissimo, perchè il fatto e la ragione dimostra, che anche questi tali si formano sempre un sistema comunque, sebbene possano forse talvolta esser pronti a cangiarlo, secondo le nuove cognizioni, o nuove opinioni che loro sopraggiungano. Ma il pensatore non è così. Egli cerca naturalmente e necessariamente un filo nella considerazione delle cose. È impossibile  947 ch'egli si contenti delle nozioni e delle verità del tutto isolate. E se se ne contentasse, la sua filosofia sarebbe trivialissima, e meschinissima, e non otterrebbe nessun risultato. Lo scopo della filosofia (in tutta l'estensione di questa parola) è il trovar le ragioni delle verità. Queste ragioni non si trovano se non se nelle relazioni di esse verità, e col mezzo del generalizzare. Non è ella, cosa notissima che la facoltà di generalizzare costituisce il pensatore? Non è confessato che la filosofia consiste nella speculazione de' rapporti? Ora chiunque dai particolari cerca di passare ai generali, chiunque cerca il legame delle verità (cosa inseparabile dalla facoltà del pensiero) e i rapporti delle cose; cerca un sistema; e chiunque è passato ai generali, ed {ha} trovato o creduto di trovare i detti rapporti, ha trovato o creduto di trovare un sistema, o la conferma e la prova, o la persuasione di un sistema già prima trovato o proposto: {un sistema più o meno esteso, più o meno completo, più o meno legato, armonico, e consentaneo nelle sue parti.}
[947,1]  3. Il male è quando dai generali si passa ai particolari, cioè dal sistema alla considerazione delle verità che lo debbono formare. Ovvero quando da pochi ed incerti, e mal connessi, ed infermi particolari, da pochi ed oscuri rapporti, si passa al sistema, ed ai generali. Questi sono i vizi de' piccoli spiriti, parte per la loro stessa piccolezza, e la facilità che hanno di persuadersi; parte per la pestifera smania di formare sistemi, inventar paradossi, creare ipotesi in qualunque maniera, affine  948 d'imporre alla moltitudine, e parer d'assai. Allora l'amor di sistema, o finto, o vero e derivante da persuasione, è dannosissimo al vero; perchè i particolari si tirano per forza ad accomodarsi al sistema formato prima della considerazione di essi particolari, dalla quale il sistema dovea derivare, ed a cui doveva esso accomodarsi. Allora le cose si travisano, i rapporti si sognano, si considerano i particolari in quell'aspetto solo che favorisce il sistema, in somma le cose servono al sistema, e non il sistema alle cose, come dovrebb'essere. Ma che le cose servano ad un sistema, e che la considerazione di esse conduca il filosofo e il pensatore ad un sistema (sia proprio, sia d'altri), è non solamente ragionevole e comune, ma indispensabile, naturale all'uomo, necessario; è inseparabile dalla filosofia; costituisce la sua natura ed il suo scopo: e concludo che non solamente non ci fu, ma non ci può esser filosofo nè pensatore per grande, e spregiudicato, ed amico del {puro} vero, ch'ei possa essere, il quale non si formi o non segua un sistema {+(più o meno vasto secondo la materia, e secondo che l'ingegno del filosofo è sublime, e secondo ch'è acuto e penetrante nella investigazione speculazione e ritrovamento de' rapporti)} e ch'egli non sarebbe filosofo nè pensatore, se questo non gli accadesse, ma si confonderebbe con chi non pensa, e si contenta di non avere idea nè concetto chiaro e stabile intorno a veruna cosa. (I quali pure hanno sempre un sistema, più o meno chiaro, anzi più esteso, e per loro più persuasivo {e più chiaro e certo,} che non l'hanno i pensatori.) Sia  949 pure un sistema il quale consista nell'esclusione di tutti i sistemi, come quello di Pirrone, e quello che fa quasi il carattere del nostro secolo. (16. Aprile 1821.) {{V. p. 950. capoverso 2.}}