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30. Aprile. 1821.

[999,2]  In prova di quanto la lingua greca, fosse universale, e giudicata per tale, ancor dopo il pieno stabilimento, e durante la maggiore estensione del dominio romano e de' romani pel mondo; si potrebbe addurre il Nuovo Testamento, Codice della nuova religione sotto i primi imperatori, scritto tutto in greco, quantunque da scrittori {Giudei (così tutti chiamano gli Ebrei di que' tempi),} quantunque l'Evangelio di S. Marco si creda scritto in Roma e ad uso degl'italiani, {+giacchè è rigettata da' {tutti i} buoni critici l'opinione che quell'Evangelio fosse scritto originariamente in latino;} (Fabric. B. G. 3. 131.) quantunque v'abbia un'Epistola di S. Paolo cittadino Romano, diretta a' Romani, un'altra agli Ebrei; quantunque v'abbiano le Epistole dette Cattoliche, cioè universali, di S. Giacomo, e di S. Giuda Taddeo. Ma senza entrare nelle quistioni intorno alla lingua originale del nuovo testamento, o delle diverse sue parti, osserverò quello che dice il Fabric. B. G. edit. vet. t. 3. p. 153. lib. 4. c. 5. §. 9 parlando dell'Epistola di S. Paolo a' Romani: graece scripta est, non latine, etsi Scholiastes Syrus notat scriptam esse Romane ‎‏ומאבח‏‎, quo vocabulo Graecam  1000 linguam significari, Romę tunc et in omni fere Romano imperio vulgatissimam, Seldenus ad Eutychium observavit. * E p. 131. nota (d.) §. 3. parlando delle testimonianze Orientalium recentiorum * che dicono essere stato scritto il Vangelo di S. Marco in lingua romana, dice che furono o ingannati, o male intesi dagli altri, nam per Romanam linguam etiam ab illis Graecam quandoque intelligi observavit Seldenus. * Intendi l'Opera di Giovanni Selden intitolata: Eutychii Aegyptii Patriarchae Orthodoxorum Alexandrini Ecclesię suae Origines ex eiusdem Arabico nunc primum edidit ac Versione et Commentario auxit Joannes Seldenus. {+Per lo contrario Giuseppe Ebreo nel proem. dell'Archeol. §. 2. principio e fine, chiama Greci tutti coloro che non erano Giudei, o sia gli Etnici, compresi per cons. anche i romani. E così nella Scrittura Ἕλληνες passim opponuntur Iudaeis, et vocantur ethnici, a Christo alieni * (Scapula). Così ne' Padri antichi. Il che pure ridonda a provare la mia proposizione. E Gioseffo avendo detto di scrivere per tutti i Greci (cioè i non ebrei), scrive in greco. V. anche il Forcell. v. Graecus in fine.}
[1000,1]  Osservo ancora che Giuseppe Ebreo avendo scritto primieramente i suoi libri della Guerra Giudaica nella lingua sua patria, (qualunque fosse questa lingua, o l'Ebraica, come crede l'Ittigio, (nel Giosef. dell'Havercamp, t. 2. appendice. p. 80. colonna 2.) o la Sirocaldaica, come altri, (v. Basnag. Exercit. ad Baron. p. 388. Fabric. 3. 230. not. p)) in uso, com'egli dice, de' barbari dell'Asia superiore, cioè, com'egli stesso spiega (de Bello Iud. Proem. art. 2. edit. Haverc. {t. 2.} p. 48.) de' Parti, de' Babilonesi, degli Arabi più lontani dal mare, de' Giudei di là dall'Eufrate, e degli Adiabeni; (Fabric. l. c. Gioseffo l. c. p. 47. not. h.) volendo poi, com'egli dice, accomodarla all'uso de' sudditi dell'imperio  1001 Romano, τοῖς κατὰ τὴν ῾Pωμαίων ἡγεμονίαν * , {e scrivendo in Roma,} giudicò, come pur dice, {(Fabric. 3. 229. fine e 231. principio.)} e come fece, di traslatarla {(non in latino)} in greco, ῾Eλλάδι γλώσσῃ μεταβαλεῖν * . (Idem, l. c. art. 1. p. 47.) E così traslatata la presentò a Vespasiano e a Tito, Impp. Romani. (Ittigio l. c. {Fabric. 3. 231. lin. 8.} Tillemont, Empereurs t. 1. p. 582.) (30. Aprile. 1821.).