23. Maggio 1821.
[1076,1]
Alla p. 761.
Anzi questa facoltà de' composti di due o più voci, è proprissima anche oggidì
del linguaggio italiano familiare (e credo anzi del linguaggio familiare di
tutte le nazioni, massime popolare): e specialmente del toscano lo è stato
sempre, e lo è. Il qual dialetto vi ha molta e facilità e grazia; e il discorso
ne riceve una elegante {e pura} novità, ed una
singolare efficacia; come tagliacantoni, ammazzasette, {pascibietola, (del Passavanti)}
frustamattoni, perdigiorno,
pappalardo e simili Voci burlesche o familiari
{antiche e moderne.} Sicchè non si può dire che
questa medesima facoltà sia neppur oggi perduta: (giacchè sarebbe ridicolo
l'impedire di fare altri composti simili ec.) nè che la nostra lingua non ci
abbia attitudine; e neppure che non si possano estendere oltre al burlesco o
familiare, giacchè il burlesco o familiare di questi composti deriva non tanto
dalla composizione, quanto dalla natura delle voci che li formano. Ma altre
voci, purchè fosse fatto con giudizio, e senza eccesso
1077 di lunghezza, nè forzatura delle parti componenti, si potrebbero
benissimo comporre allo stesso modo, senza toglier nulla alla gravità, nè
indurre nessuna apparenza di buffonesco o di plebeo. E così fece giudiziosamente
il Cesarotti nell'Iliade, e credo anche nell'Ossian. Omero, Dante, e
tutti i grandi formano nomi dalle cose. Quintiliano, e tutti i Gramatici
l'approvano: quando calzino appunto, come qui, dove Tiberio schernisce la
cinquannaggine, che Gallo voleva, de'
magistrati.
*
Davanzati (Annali di Tacito Lib. 2. c.
36. postilla 23.) in proposito del verbo incinquare da lui formato per rendere il latino quinquiplicare di Tacito. (23. Maggio 1821.). {{Era
però già stato usato da Dante.}}