26. Maggio 1821.
[1092,1]
1092
Alla pagina 894.
marg. Riferite pure agli stessi principii il danno, le stragi, la
miseria, l'impotenza p. e. dell'italia ne' bassi tempi,
di quell'italia ch'era per altro animata di sì vivo, sì
attivo, e spesso sì eroico amor di patria. Ma di patria oscura, debole, piccola,
cioè le repubblichette, e le città, e le terre nelle quali era divisa allora la
nazione, formando tante nazioni, tutte, com'è naturale, nemiche scambievoli. Dal
che nasceva l'oscurità, la debolezza, la piccolezza delle virtù patrie, e il
poco splendore dello stesso eroismo esistente. Riferite agli stessi principii,
{cioè alla soverchia divisione e piccolezza, e alla
conseguente moltiplicità delle nimicizie,} il famosissimo danno, e
l'estrema miseria del sistema feudale. Riferitevi parimente il danno
riconosciuto da tutti i savi {oggidì} nel soverchio
amore delle patrie private, cioè delle città, ovvero anche delle provincie
natali. Danno pur troppo ed evidente e gravissimo oggi in
italia, per naturale conseguenza della sua divisione
non solo statistica o territoriale, (come ogni regno ec.) ma politica. Ed è
osservabile che l'amor patrio (intendo delle patrie private) regna oggi in
italia tanto più fortemente e radicatamente, quanto è
maggiore o l'ignoranza, o il poco commercio, o la piccolezza di ciascuna città,
o terra, o provincia (come la Toscana); insomma in
proporzione
1093 del rispettivo grado di civiltà e di
coltura. E in alcune delle più piccole città d'italia
l'amor patrio, e l'odio de' forestieri è veramente accanito. E così
proporzionatamente in Toscana, paese pur troppo rimaso
indietro nella coltura artificiale, non si sa come. E lo stesso dico
degl'individui più ignoranti ec. (26. Maggio 1821.).