29. Giugno, dì mio natalizio. 1821.
[1237,1]
1237 Nè solamente col progresso dello spirito umano si
sono distinte e denominate le diverse parti componenti un'idea che gli antichi
linguaggi denominavano con una voce complessiva di tutte esse parti, o idee
contenute; ma anche si sono distinte e denominate con diverse voci non poche
idee che per essere in qualche modo somiglianti, o analoghe ad altre idee, non
si sapevano per l'addietro distinguer da queste, e si denotavano con una stessa
voce, benchè fossero essenzialmente diverse e d'altra specie o genere. V. p. e.
quello che ho detto p. 1199-200.
circa il bello, e quello ch'essendo piacevole alla vista, non è però bello, nè
appartiene alla sfera della bellezza, benchè ne' linguaggi comuni, si chiami
bello, e l'intelletto volgare non lo distingua dal vero bello.
[1237,2] Da queste osservazioni e da quelle del pensiero
precedente, inferite 1. che quelli i quali scartano tali nuove parole o termini,
e vietano la novità nelle lingue, pretendono formalmente d'impedire l'andamento,
e rompere il corso, e fermare immobilmente e per sempre il progresso dello
spirito umano, posto il quale, la lingua necessariamente progredisce, e si
arricchisce di parole sempre più precise, distinte, sottili, uniformi ed
universali, e in somma di termini; e
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vicendevolmente senza il progresso della lingua (e progresso di questa precisa
natura, e non d'altra, che poco influisce) è nullo il progresso dello spirito
umano, il quale non può stabilire ed assicurare, e perpetuare il possesso delle
sue nuove scoperte e osservazioni, se non mediante nuove parole o nuove
significazioni fisse, certe, determinate, indubitabili, riconosciute; e {di più,} uniformi, perchè se non sono uniformi, il
progresso dello spirito umano sarà inevitabilmente ristretto a quella tal
nazione, che parla quella lingua dove si sono formate le dette nuove parole; o a
quelle sole nazioni che le hanno bene intese e adottate.
[1238,1] 2. Che tali parole o termini, sono affatto
incompatibili coll'essenza della poesia, e l'abuso loro, guasta affatto, e perde
e trasforma in filosofia, o discorso di scienze ec. la bella letteratura.
(29. Giugno, dì mio natalizio. 1821.).