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10. Luglio 1821.

[1307,1]  Mi si permetta un'osservazione intorno ad una minuzia, la cui specificazione potrà parere ridicola, e poco degna della scrittura. Alcune minute parti del corpo umano che l'uomo osserva difficilmente, e assai di rado, e per solo caso negli altri, le suole osservare solamente in se stesso. In se stesso, e da ciò che elle sono in lui, egli concepisce l'idea del  1308 quali debbano essere, e della convenienza delle loro forme, e proporzione ec. e di tutti i loro accidenti. Così le unghie della mano. Le quali ben di rado si possono osservare negli altri, bensì sovente in se stesso. Or che ne segue? Ne segue che tutti noi ci formiamo l'idea della bellezza di questa parte del nostro corpo, dalla forma ch'ella ha in ciascheduno di noi; e perchè quest'idea è formata sopra un solo individuo della specie, e l'assuefazione è del tutto individuale nel {suo} soggetto, perciò se talvolta ci accade di osservare o di porre qualche passeggera attenzione a quella medesima parte in altrui, rare volte sarà ch'ella non ci paia di forma strana, e non ci produca un certo senso di {deformità o informità ec. di} bruttezza, e anche di ribrezzo, perchè contrasta coll'assuefazione che noi abbiamo contratta su di noi. {+E se accadrà che noi osserviamo quella parte nella persona più ben fatta del mondo, ma che in questa differisca notabilmente da noi, quella parte in detta persona ci parrà notabilmente difettosa, quando anche ad altri {o generalmente} paia l'opposto per differente circostanza.} Ed insomma il giudizio che noi formiamo della bellezza o bruttezza di quella parte in altrui, è sempre in proporzione della maggiore o minore conformità ch'ella ha non col generale che non conosciamo, ma colla nostra particolare.
[1308,1]  Aggiungete che le altre idee della bellezza umana, siccome sono formate sulla cognizione, ed assuefazione, ed osservazione da noi fatta sopra  1309 molti individui, così non sono mai uniche, e ci parrà bello questi, e bello quegli, benchè molto diversi. (Questa moltiplicità medesima delle idee della bellezza umana, va in proporzione del vedere e dell'osservare che si è fatto ec. ec. ec.) Ma nel nostro caso, perchè l'idea è formata sopra un soggetto solo, ed un'assuefazione ed osservazione individuale, perciò è unica, e ci par brutto o men bello {proporzionatamente,} non solo ciò che non è simile, ma ciò pure che non è uniforme al detto soggetto. {{V. p. 1311. capoverso 2.}}
[1309,1]  Bisogna modificare queste osservazioni secondo i casi {e circostanze} che ciascuno può facilmente pensare. P. e. se una malattia o altro accidente vi ha deformato le unghie, voi sentite quella deformità, perchè contrasta colla vostra assuefazione precedente, ed allora (almeno fintanto che non arriviate ad assuefarvi a quella nuova forma) non misurerete gli altri da quello che voi siete, ma piuttosto da quello ch'eravate precedentemente. Se un'unghia vostra è deforme, {anche} sin dalla nascita ec. voi facilmente ve ne accorgerete paragonandola colle altre pur vostre. Se in questa parte del corpo umano voi siete sempre stato assolutamente deforme, cioè grandemente diverso dagli  1310 altri, allora quel poco che voi potrete accidentalmente osservare delle forme comuni, benchè in grosso {e non minutamente,} potrà bastare a farvi accorgere della vostra deformità, perchè la differenza essendo grande, sarà facilmente notabile, e vi daranno anche nell'occhio quelle parti in altrui, più di quello che farebbero in altro caso, e così l'assuefazione che formerete, contrasterà con quello che vedete in voi stesso. Vi accorgerete però di essa deformità molto più difficilmente, e la sentirete assai meno di quello che fareste in un altro. Così accade di molto maggiori deformità o nostre proprie, o di persone con cui conviviamo ec. e v. la p. 1212. capoverso 2.
[1310,1]  Queste osservazioni sono menome. Ma non altrimenti il filosofo arriva alle grandi verità che sviluppando, indagando, svelando, considerando, notando le menome cose, e risolvendo le stesse cose grandi nelle loro menome parti. Ed io da un lato non credo che forse si possa addurre prova più certa di queste osservazioni, per dimostrare come il giudizio, il senso, l'idea della bellezza o bruttezza delle forme degli stessi nostri simili (giudizio, e senso influito dalla natura universale più che qualunque altro) dipende dall'assuefazione ed osservazione, ed eccetto in certe inclinazioni naturali, non ha assolutamente altra ragione, altra regola, altro esemplare.  1311 Dall'altro lato non vedo qual altra più vera e incontrastabile proposizione possa venir dimostrata in maniera più palpabile di questa.
[1311,1]  Discorrete allo stesso modo delle altre parti del corpo umano, o egualmente minute, o egualmente poco facili ad osservarsi {o vedersi} negli altri, o in più che tanti. (10. Luglio 1821.). {{V. qui sotto.}}