14. Luglio 1821.
[1318,2]
Alla p. 1259.
principio. Nel che, intorno al giudizio del bello, non opera tanto
l'assuefazione, quanto l'opinione. Giacchè di momento in momento varia il
giudizio, e se noi
1319 vediamo una foggia di vestire
novissima, e diversissima dall'usitata, noi subito o quasi subito la giudichiamo
bella, e proviamo ben tosto il senso della bellezza, se sappiamo che quella
foggia è d'ultima moda, e se al contrario, il contrario ci accade, perchè quella
nuova foggia contrasta sì all'assuefazione nostra, come all'opinione. Aggiungete
che noi giudichiamo bella quella nuova foggia di moda, quando pure contrasti a
tutte le forme ricevute del bello, eccetto che allora, bastando un solo momento
per formare il giudizio del bello, vi vorrà però proporzionatamente qualche poco
di tempo per concepirne il senso istantaneo, vale a dire, acquistarne
l'assuefazione, la quale conserva pur sempre i suoi dritti; e disfare
l'assuefazione passata.
[1319,1] Del resto quanto la pura opinione indipendente
dall'assuefazione stessa e da ogni altra cosa, influisca sul giudizio e senso
del bello, si potrebbe mostrare con mille prove le più quotidiane, quantunque
perciò appunto meno avvertite. Chi non sa che una bellezza mediocre, ci par
grande, s'ella ha gran fama? E che ci sentiamo più inclinati, e proviamo il
senso della bellezza molto più vivo nel mirare una donna famosa per la
1320 beltà, che nel mirarne una più bella, ma ignota, o
meno famosa. Così pure se una donna non è bella, ma ha nome di esserlo o è
celebre per avventure galanti, o è stata contrastata ec. ec. ec. {+Così dico degli uomini rispetto alle
donne ec. ec.} Così negli scrittori: il senso del bello è molto
maggiore, più intimo, più frequente, più minuto, quando leggiamo p. e. un poeta
già famoso, e di merito già riconosciuto, che quando ne leggiamo uno, del cui
merito abbiamo da giudicare, sia pur egli più bello di molti altri che
sommamente ci dilettano. Il formare il gusto, in grandissima parte non è altro
che il contrarre un'opinione. Se il tal gusto, il tal genere ec. è disprezzato,
o se tu in particolare lo disprezzi, quell'opera di quel tal gusto o genere ec.
non piace. Nel caso contrario, e se tu cambi opinione, ecco che quella stessa
opera ti dà sommo piacere, e ci trovi infinite bellezze di cui prima neppur
sospettavi. Questo caso è frequentissimo in ogni genere di cose. Pochissimi
trovavano piacere nella lettura del buono stile italiano, durante l'ultima metà
del secolo passato, e i primi anni di questo. Oggi moltissimi; e quei medesimi
che non vi trovavano alcun diletto, {anzi noia ec.,}
oggi se ne pascono con gran piacere, perchè l'opinione in
italia è cambiata. Fra questi così cambiati, sono
ancor io.
[1321,1]
1321 Potrei condurre questo discorso a cento altri
particolari. Lo stile dei trecentisti ci piace sommamente perchè sappiamo ch'era
proprio di quell'età. Se lo vediamo fedelissimamente ritratto in uno scrittore
moderno, ancorchè non differisca punto dall'antico, non ci piace, anzi ci
disgusta, e ci pare affettatissimo, perchè sappiamo che non è naturale allo
scrittore, sebben ciò dallo scritto non apparisca per nulla. Questa è dunque
sola opinione; ragionevole bensì, ma dunque il bello non è assoluto, perchè la
stessissima cosa, in diversa circostanza, ci par bella e brutta, e se noi non
sapessimo p. e. la circostanza che quel tale scrittore sia moderno, quel suo
scritto ci piacerebbe moltissimo. Così dite delle imitazioni le più fedeli nel
genere letterario, o nelle arti ec. ragguagliate cogli originali, ancorchè non
ne differiscano d'un capello, del che ho detto in altro pensiero p.
101
p.
143. Così dite della simmetria ec. del che v. la p. 1259. Così dite degli arcaismi i quali non ci
offendono punto, nè ci producono verun senso di mostruosità in uno scrittore
antico, perchè sappiamo che allora {si} usavano; e ci
fanno nausea in un moderno, ancorchè di stile tanto simile all'antico, che
quegli arcaismi non vi risaltino, o discordino dal rimanente nulla più che negli
antichi scrittori.
1322
(14. Luglio 1821.).