19. Luglio 1821.
[1346,3] Dalle lettere consonanti che cadono necessariamente
in e, bisogna eccettuare il nostro c e g chiuso, e il ch degli spagnuoli, le quali
1347 lettere non si possono pronunziare se non cogli organi, vale a
dire la lingua, il palato, e i denti così serrati, che il suono, anche nel mezzo
della parola e in qualunque luogo, esce inevitabilmente in un i, quanto si voglia tenue, e ciò perchè l'i è la vocale più esile e stretta. {+Esce dico in un i ma poi termina veramente in un e
(quasi ie), qualunque volta le dette lettere, e i
suoni loro analoghi si pronunzino isolati, o nel fine di una parola, o
insomma senz'altro appoggio di vocale.} Così accade anche ai suoni che
partecipano dei sopraddetti, come gli (che noi non
iscriviamo mai senza l'i, o lo pronunziamo in altro
modo) e gn. {+V. p. 1363.} Del
resto il nostro c e g
chiusi, noi li poniamo anche avanti alla e, quantunque
questa insieme coll'i sia la sola vocale a cui la
preponiamo. Ciò per altro nella scrittura. Ma la pronunzia frappone sempre un
i anche al c ed e, ec.; e così solevano fare i nostri antichi anche
nella scrittura di quelle voci, dalle quali una poco analitica ortografia ha
escluso l'i. (19. Luglio 1821.).