7. Agos. 1821.
[1464,2] L'animo umano è così fatto ch'egli prova molto
maggior soddisfazione di un piacer piccolo, di un'idea di una sensazione
piccola, ma di cui non conosca i limiti, che di una grande, di cui veda {o senta} i confini. La speranza di un piccolo bene, è un
piacere assolutamente maggiore del possesso di un bene grande già provato
(perchè se non è {ancora} provato, sta {sempre} nella categoria della speranza.) La scienza
distrugge i principali piaceri dell'animo nostro perchè determina le cose, e ce
ne mostra i confini, benchè in moltissime cose, abbia materialmente ingrandito
d'assaissimo le nostre idee. Dico materialmente, e non già spiritualmente,
giacchè p. e. la distanza dal sole alla terra, era assai maggiore nella mente
umana, quando si credeva di poche miglia, nè si sapeva quante, di quello che ora
che si sa essere di tante precise migliaia di miglia. Così la scienza è nemica
della grandezza delle idee, benchè abbia smisuratamente
1465 ingrandito le opinioni naturali. Le ha ingrandite come idee
chiare, ma una piccolissima idea
confusa, è sempre maggiore di una grandissima, affatto chiara. L'incertezza se una cosa sia o
non sia del tutto, è pur fonte di {{una}} grandezza, che
vien distrutta dalla certezza che la cosa realmente è. Quanto maggiore era
l'idea degli Antipodi, quando il Petrarca diceva forse
esistono, di quello che appena fu saputo ch'esistevano. Ciò che dico della
scienza, dico dell'esperienza ec. ec. La maggiore anzi la sola grandezza di cui
l'uomo possa confusamente appagarsi, è l'indeterminata, come risulta pure dalla
mia teoria del piacere. (7. Agos.
1821.). {+Quindi l'ignoranza
la quale sola può nascondere i confini delle cose, è la fonte principale
delle idee ec. indefinite. Quindi è la maggior sorgente di felicità, e
perciò la fanciullezza è l'età più felice dell'uomo, la più paga di se
stessa, meno soggetta alla noia. L'esperienza mostra necessariamente i
confini di molte cose anche all'uomo naturale e insocievole.}