17. Agos. 1821.
[1510,1] Il bambino non ha idea veruna di quello che
significhino le fisonomie degli uomini, ma cominciando a impararlo
coll'esperienza, comincia a giudicar bella quella fisonomia che indica un
carattere o un costume piacevole ec. e viceversa. E bene spesso s'inganna
giudicando bella e bellissima una fisonomia d'espressione piacevole, ma per se
bruttissima, e dura in questo inganno lunghissimo tempo, e forse sempre (a causa
della prima impressione); e non s'inganna per altro se non perchè ancora non ha
punto l'idea distinta ed esatta del bello, e del regolare, cioè di quello ch'è
universale, il che egli ancora non può conoscere. Frattanto questa
significazione delle fisonomie, ch'è del tutto diversa dalla bellezza assoluta,
e non è altro che un rapporto messo
1511 dalla natura
fra l'interno e l'esterno, fra le abitudini ec. e la figura; questa
significazione dico, è una parte principalissima della bellezza, una delle
capitali ragioni per cui questa fisonomia ci produce la sensazione del bello, e
quella il contrario. Non è mai bella fisonomia veruna, che {non} significhi qualche cosa di piacevole (non dico di buono nè di
cattivo, e il piacevole può bene spesso, secondo i gusti, e le diverse
modificazioni dello spirito, del giudizio, e delle inclinazioni umane esser
anche cattivo): ed è sempre brutta quella fisonomia che indica cose
dispiacevoli, fosse anche regolarissima. Si conosce ch'ella è regolare, cioè
conforme alle proporzioni universali ed a cui siamo avvezzi, e nondimeno si
sente che non è bella. Ma ordinariamente, com'è naturale, la regolarità perfetta
della fisonomia indica qualità piacevoli, a causa della corrispondenza che la
natura ha posto fra la regolarità interna e l'esterna. Ed è quasi certo che una
tal fisonomia appartiene sempre a persona di carattere naturalmente perfetto ec.
Ma siccome
1512 l'interno degli uomini perde il suo
stato naturale, e l'esterno più o meno lo conserva, perciò la significazione del
viso è per lo più falsa; e noi sapendo ben questo allorchè vediamo un bel viso,
e nondimeno sentendocene egualmente dilettati (e forse talvolta egualmente
commossi), crediamo che questo effetto sia del tutto indipendente dalla
significazione di quel viso, e derivi da una causa del tutto segregata ed
astratta, che chiamiamo bellezza. E c'inganniamo interamente perchè l'effetto
{particolare} della bellezza umana sull'uomo {+(parlo specialmente del viso che n'è la
parte principale, e v. ciò che ho detto altrove in tal proposito pp.
1379-81)} deriva sempre essenzialmente dalla significazione
ch'ella contiene, e ch'è del tutto indipendente dalla sfera del bello, e per
niente astratta nè assoluta: perchè se le qualità piacevoli fossero naturalmente
dinotate da tutt'altra ed anche contraria forma di fisonomia, questa ci parrebbe
bella, e brutta quella che ora ci pare l'opposto. Ciò è tanto vero che, siccome
l'interno dell'uomo, come ho detto, si cambia, e la fisonomia non corrisponde
alle sue qualità (per la maggior parte acquisite), perciò accade che quella tal
fisonomia irregolare
1513 irregolare in se, ma che ha
acquistata o per arte, o per altro, una significazione piacevole, ci piace, e ci
par più bella di un'altra regolarissima che per contrarie circostanze abbia
acquistata una significazione non piacevole; nel qual caso ella può anche
arrivarci a dispiacere e parer brutta. E se una fisonomia è fortemente
irregolare, ma o per natura (che talvolta ha eccezioni e fenomeni, come accade
in un sì vasto sistema), o per arte, o per la effettiva piacevolezza della
persona che influisce pur sempre sull'aria del viso, ha una significazione
notabilmente piacevole; noi potremo accorgerci della sproporzione e sconvenienza
colle forme universali, ma non potremo mai chiamar brutta quella fisonomia, e
talvolta non ci accorgeremo neppure della irregolarità, e se non la consideriamo
attentamente, la chiameremo bella. (17. Agos. 1821.). {{V. p. 1529. capoverso 2.}}