20. Agos. 1821.
[1527,2] La stessa ragione che inclina gli uomini {e i viventi} a credere assoluto il relativo, li porta a
credere effetto ed opera della natura, quello ch'è puro effetto ed opera
dell'assuefazione, e a creder facoltà o qualità congenite quelle che sono
meramente acquisite. Ma egli è ben vero che questa considerazione estingue il
bello e il grande: e quel sommo ingegno, o quella somma virtù considerata come
figlia delle circostanze e delle abitudini, non della natura; perde tutto
1528 il nobile, tutto il mirabile, tutto il sublime
della nostra immaginazione. Le qualità più eroiche e più poetiche, lo stesso
sentimento, entusiasmo, genio, la stessa immaginazione diventa impoetica, s'ella
non si considera come dono della natura; e lo scrittor di gusto, e massime il
poeta deve ben guardarsi dal considerarla altrimenti, o dal presentarla sotto
altro aspetto. Virgilio diverrebbe nella
nostra immaginazione poco diverso da Mevio (qual egli era infatti naturalmente), Achille da Tersite; Newton si
riconoscerebbe superiore per solo caso al più povero fisico peripatetico.
(20. Agos. 1821.).