29. Agos. 1821.
[1584,2]
On peut plaider pour la
vie, et il y a cependant assez de bien à dire de la mort, ou de ce qui
lui ressemble.
*
(Corinne,
1585 t. 2. p. 335.) Dalla mia teoria del piacere (v. anche il pensiero precedente, e la p. 1580-81. ) risulta che
infatti, stante l'amor proprio, non conviene alla felicità possibile dell'uomo
se non che uno stato o di piena vita, o di piena morte. O conviene ch'egli e le
sue facoltà dell'animo sieno occupate da un torpore da una noncuranza attuale o
abituale, che sopisca e quasi estingua ogni desiderio, ogni speranza, ogni
timore; o che le dette facoltà e le dette passioni sieno distratte, esaltate,
rese capaci di vivissimamente e quasi pienamente occupare, dall'attività,
dall'energia della vita, dall'entusiasmo, da illusioni forti, e da cose {esterne} che in qualche modo le realizzino. Uno stato di
mezzo fra questi due è necessariamente infelicissimo, cioè il desiderio vivo,
l'amor proprio ardente, senza nessun'attività, nessun pascolo alla vita e
all'entusiasmo. Questo però è lo stato più comune degli uomini. Il vecchio potrà
talvolta trovarsi nel primo stato, ma non sempre. Il giovane vorrebbe sempre
trovarsi nel secondo, e oggidì si trova quasi sempre nel terzo. Così dico
proporzionatamente dell'uomo di mezza età. Dal che segue
1586 1. che il giovane senz'attività, il giovane domo e prostrato e
incatenato dalle sventure {ec.} è nello stato
precisamente il più infelice possibile: 2. che l'amor proprio non potendo mai
veramente estinguersi, e i desiderii pertanto esistendo sempre con maggiore o
minor forza, sì nel giovane che nel maturo e nel vecchio; lo stato al quale la
generalità degli uomini, e la natura immutabile inclina è sempre più o meno il
secondo: e quindi la migliore repubblica è quella che favorisce questo secondo
stato, come l'unico conducente generalmente alla maggior possibile felicità
dell'uomo, l'unico voluto e prescritto dalla natura, tanto per se stessa e
primitivamente (come ho spiegato nella teoria
del piacere); quanto anche oggidì, malgrado le infinite alterazioni
della razza umana. (29. Agos. 1821.).