19. Sett. 1821.
[1740,1] Considerate indipendentemente e in se stessa, la
lode di se medesimo. Anche dopo formata una società (giacchè prima non esisteva
l'amor di lode), qual cosa più conforme alla natura, più dolce a chi la
pronunzia, qual cosa a cui lo spirito sia più spontaneamente e potentemente
inclinato, qual cosa meno dannosa a' nostri simili, qual piacere insomma più
innocente, e qual premio più conveniente alla virtù, o all'opinione di lei?
Eppur l'assuefazione ce la fa riguardare come un vizio da cui l'animo ben fatto
naturalmente rifugga, come un desiderio di cui bisogni arrossire (e qual cosa ha
ella in se stessa e per natura, che sia vergognosa?), come contrario al dovere
della modestia, che si suppone innato, e non lo è punto (consideriamo i
fanciulli, i quali tuttavia non appena cominciano a desiderar la lode, che già
sono avvertiti a non darsela da se stessi),
1741 come
ripugnante insomma a un dettame interno, e proibita dalla legge naturale.
[1741,1] Dal che dedurremo 1. una nuova conferma di questa
innegabile legge naturale, 2.
un'altra prova dell'odio naturale dell'uomo verso l'uomo, il quale fa che la
cosa più innocente e meno dannosa agli altri in se stessa, divenga subito
cattiva in una società un poco formata, perchè il bene e il vantaggio di un
individuo, dispiace per se solo agli altri individui, ancorchè non pregiudichi
loro, anzi pur giovi. (19. Sett. 1821.).