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27. Giugno. 1823.

[2827,1]  Alla p. 2795. marg. Cambiata la pronunzia della lingua greca, doveva necessariamente mutarsi e il modo di produrre l'armonia colla collocazione delle parole, (giacchè le parole collocate all'antica e pronunziate diversamente, non potevano più rendere l'antica armonia) e quindi variarsi affatto la struttura dell'orazione, e prendere un altro giro il periodo; ed oltre a ciò mutarsi ancora l'armonia risultante dalla collocazione delle parole modernamente pronunziate, giacchè di diversi elementi, cioè di parole diversamente pronunziate era quasi impossibile che ne risultasse uno stesso effetto per mezzo della varia collocazione, cioè che le parole pronunziate alla moderna e distribuite per ciò diversamente dal modo antico, producessero l'armonia stessa che producevano coll'antica pronunzia e collocazione. Quindi diversa struttura e giro di orazione e di periodo, e nel  2828 tempo stesso diversa armonia. Assai più gran cosa che non pare, si è il cambiamento della pronunzia in una lingua. E parlo qui solamente della pronunzia che spetta alla quantità, cioè alla brevità o lunghezza delle sillabe, ed all'accentazione, senza entrar punto in quella pronunzia che spetta alle stesse lettere ed elementi della favella, la qual pronunzia come influisca sulle lingue e come basti a diversificarle l'una dall'altra, e sia principal causa {} della moltiplicazione {sì della continua} alterazione de' linguaggi, è cosa già dimostrata. Ma quella pronunzia che spetta alla semplice quantità delle sillabe ed agli accenti, par cosa del tutto estrinseca alla lingua. {+Infatti ella non altera in nessun conto il materiale delle parole come fa l'altra. Ed appunto ell'è veramente estrinseca ed accidentale alle parole.} Nondimeno il cambiamento di questa pronunzia, {+che nulla influisce su ciascuna parola,} influisce sulle più intrinseche parti della favella, ed arreca essenzialissimi cangiamenti alla composizione e all'ordine delle parole, e quindi al giro ed alla forma della dicitura, e quindi alla vera indole della favella. {{V. p. 3024.}}
[2828,1]  Oltre di che, quando anche a' tempi bassi si fosse potuta dare all'orazione l'antica armonia, quando anche quest'armonia si fosse ben conosciuta  2829 (che già non si conosceva), il mutato e corrotto gusto non lasciava nè poteva lasciar di stendersi anche all'armonia. Onde quell'armonia antica non sarebbe piaciuta, senza cadenze, senza strepito, senza ritornelli, senza eco, senza rimbombo, senza sfacciataggine di ritmo, dolcemente e accortamente variata ec. Tutte le contrarie qualità piacevano e si celebravano a quei tempi. Leggansi le orazioni o declamazioni o proginnasmi ec. {e l'epistole stesse} de' sofisti, Libanio, Imerio, Coricio ec. {Questo ancora gli obbligava a dare alle parole un giro diverso dall'antico.} Di più, quando anche non fosse mancata loro la volontà, sarebbe mancata l'arte che infinita si richiede alla retta economia ed uso de' numeri. Quindi essi sono sempre insolentemente monotoni ec. (27. Giugno 1823.).