[1155,4]
Alla p. 1128.
Da queste osservazioni apparisce che la desinenza italiana della prima persona
{attiva} singolare del perfetto indicativo, dico la
desinenza in ai, è la vera e primitiva desinenza
latina di detta persona, conservatasi per tanti secoli {dopo
sparita dalle scritture, o senza mai esservi ammessa,} mediante il
volgare latino; e per tanti altri, mediante la nostra lingua che gli
1156 è succeduta. Desinenza conservatasi anche nella
scrittura francese, nostra sorella, ma perduta nella pronunzia, conforme alla
qual pronunzia gli spagnuoli (altri nostri fratelli) scrivono e dicono amè ec. Voce senza fallo derivata dall'antichissimo
amai, mutato il dittongo ai nella lettera e, forse a cagione del
commercio scambievole ch'ebbero i francesi e gli spagnuoli, e le lingue e poesie
loro ne' principii di queste e di quelle: commercio notabilissimo, {lungo, vivo, e frequente;} e conosciuto dagli eruditi,
(Andrès t. 2. p. 281. fine, e segg.) e che
in ordine alla {forma di} molte parole e frasi è la
sola cagione per cui la lingua spagnuola somiglia alla latina meno della nostra,
quantunque in genere somigli {e la latina e la nostra}
assai più della francese. Così nel futuro amarè ec.
ec. somiglia alla lingua francese pronunziata.