[135,1] Io non credo molto a quello che dice Montesquieu
Dialogue de Sylla et d'Eucrate, particolarmente p.
293-295. per ispiegare il carattere e le azioni di Silla. Questo è il solito errore di creder che gli
uomini si formino da principio un piano seguito di condotta, e seguano sempre un
filo di azioni, quando la nostra natura composta di cento passioni, è sempre
piena d'incongruenze, secondo che questa passione o quell'altra piglia il di
sopra. E anche i ragionamenti dell'uomo sono pieni di variazioni, per cui ora ci
par conveniente uno scopo, ed ora un altro, o volendo arrivare allo stesso
scopo, cambiamo strada del continuo. Solamente serve a mostrar l'ingegno dello
scrittore il condurre tutte le azioni disparatissime di un personaggio famoso,
come tante linee a uno stesso punto, e per {questo}
capo è stimabile e ingegnoso il celebre Manuscrit venu de
Sainte-Helène, attribuito alla Staël. Io credo che Silla avesse veramente una grandissima ambizione, e
questa di comandare, come tutti gli altri, poi, siccome il fantasma della gloria
era ancor grande e potente nelle menti romane, stimò più ambizioso il rinunziare
al comando che il ritenerlo, e così volle andare allo stesso fine per un'altra
strada. Forse ancora il pensiero di farsi tiranno della patria, non era per
anche maturo negli animi romani, nutriti in così smisurato amore e pregio della
libertà: ma la passione di Silla, fu
l'odio civile, e la ferocia
136 verso i suoi
competitori, e per isfogarla, volle il supremo comando, non ostante che per se
stesso non lo bramasse, e che dopo sfogata lo deponesse. Perchè il piacere della
vendetta, e del calpestare i suoi nemici, e vederli intieramente oppressi domati
e annientati, è un piacere anzi un'ambizione che in molti può più che quella del
comando in genere. E così Silla
contraddisse ai suoi principii romani e liberali, {e diede un
esempio fatale alla libertà,} per soddisfare a una passione
particolare. (24. Giugno 1820.).