[1637,2] Da ciò che si è detto della legge pretesa naturale,
risulta che non vi è bene nè
1638 male assoluto di
azioni; che queste non son buone o cattive fuorchè secondo le convenienze, le
quali sono stabilite, cioè determinate dal solo Dio, ossia, come diciamo, dalla
natura; che variando le circostanze, e quindi le convenienze, varia ancor la
morale, nè v'è legge alcuna scolpita primordialmente ne' nostri cuori; che molto
meno v'è una morale eterna e preesistente alla natura delle cose, ma ch'ella
dipende e consiste del tutto nella volontà e nell'arbitrio di Dio padrone sì di
stabilire quelle determinate convenienze che voleva, sì di ordinare o proibire
espressamente agli esseri pensanti quello che gli piaccia, secondo gli ordini e
le convenienze da lui solo create; che Dio non ha quindi nè può avere alcuna
morale, il che non potrebb'essere, se non ammettendo le idee di Platone indipendenti da Dio, e i modelli
eterni {e necessari} delle cose; che la morale per
tanto è creata da lui, come tutto il resto, e ch'egli era padrone di mutarla a
tenore delle diverse circostanze del genere umano, siccome è padrone di darne
una tutta diversa, e anche contraria, o anche non darne alcuna, a un diverso
genere di esseri, sì dentro gli ordini noti delle cose (come agli abitanti
d'altri
1639 pianeti), sì in altri sconosciuti, ed
ugualmente possibili e verisimili. Da tutto ciò resta spiegata la differenza fra
la legge che corse prima di Mosè, quella
di Mosè, e quella di Cristo. Tutti dicono che il Cristianesimo ha
perfezionata la Morale. (Ciò stesso vuol dire ch'ella non è dunque innata.)
Mutiamo i termini. Non l'ha perfezionata, ma rinnovata, cioè perfezionata solo
relativamente allo stato in cui la società umana era ridotta, e da cui (quanto
al sostanziale) non poteva più tornare indietro, come non ha fatto. Allora
divenne conveniente la nuova morale,
ossia la legge di Cristo, legge che
doveva essere perpetua per la detta ragione; legge che ha fatto illecito {realmente} ciò che prima era lecito, e viceversa, come
agevolmente si può vedere confrontando i costumi naturali di qualsivoglia o uomo
isolato, o società, e degli Ebrei prima di Mosè, con la legge contenuta nel Pentateuco, e questa e quelli con la
legge del Vangelo. Giacchè queste due leggi non si restringono di
gran lunga al Decalogo, il quale intanto è rimasto immutabile, in
quanto contenendo i primissimi
1640 elementi della
morale, è perciò appunto applicabile e conveniente a tutti i possibili stati
della società umana, che non può
sussistere, senza una morale, e questa non può aver fondamento vero se non in
Dio. Però il Decalogo combina appresso a poco {colla sostanza e collo spirito delle} leggi scritte di tutti i savi
legislatori antichissimi e modernissimi, e colle leggi praticate anche da' più
rozzi popoli, che pur compongano una società. L'uomo poteva esser fatto
diversamente, ma è fatto realmente in modo, che formando società co' suoi
simili, gli divien subito necessaria una legge il cui spirito sia quello del
Decalogo. Vale a dire che il Decalogo contiene
i principii generali delle convenienze delle azioni in una società umana, pel
bene di essa. Il generale contiene tutti i particolari: ma questi sono infiniti
e diversissimi. Le convenienze loro rispetto alle azioni, variano secondo gli
stati delle società, e della società in genere. L'antica legge Ebraica
permetteva il concubinato, fuorchè colle donne forestiere ec. L'odio del nemico
costituiva lo spirito delle antiche nazioni. Ecco le leggi di Mosè tutte patriottiche, ecco santificate
1641 le invasioni, le guerre contro i forestieri,
proibite le nozze con loro, permesso anche l'odio del nemico privato. E Gesù comandando
l'amor del nemico, dice formalmente che dà un precetto nuovo. Come ciò, se la
morale è eterna e necessaria? Come è male oggi, quel ch'era forse bene ieri? Ma
la morale non è altro che convenienza, e i tempi avevano portato nuove
convenienze. Questo discorso potrebbe infinitamente estendersi generalizzando
sullo stato del mondo antico e moderno, e sulla differente morale adattata a
questi diversi stati. L'uomo isolato non aveva bisogno di morale, e nessuna ne
ebbe infatti, essendo un sogno la legge naturale. Egli ebbe solo dei doveri
d'inclinazione verso se stesso, i soli doveri utili e convenienti nel suo stato.
Stretta la società, la morale fu convenienza, e Dio la diede all'uomo appoco
appoco, o piuttosto ora una ora un'altra, secondo i successivi stati della
società: e ciascuna di queste morali era ugualmente perfetta, perchè
conveniente; e perfetto è l'uomo isolato, senza morale. La morale cristiana
sarebbe stata imperfetta {perchè sconveniente} per Abramo,
1642 e
per Mosè. ec. Ciò che dicono i Teologi
delle azioni fatte lecite da un particolare impulso dello Spirito Santo, non
dimostra egli chiaro che la morale dipende da Dio (siccome la convenienza), e
che Dio non dipende punto dalla morale?