[2028,2] Ho detto altrove pp. 516-19 che la
natura par che abbia confidato a ciascun individuo la conservazione e la cura
dell'ordine, della ragione,
2029 della giustizia, {dell'esistenza} ec. per ciò che spetta agli altri
individui, o alle altre cose esistenti; insomma la conservazione di tutta la
natura, e di tutte le sue leggi, anche dove o quando punto non ci appartengono
par che sia incaricata a ciascun individuo. Da questo nasce l'ira che noi
proviamo nell'udire un misfatto, per es. un omicidio, di persona a noi affatto
ignota, e posta fuori d'ogni nostra minima relazione, partito ec. e quando anche
l'omicida si trovi nello stesso caso. Noi, e tanto più quanto la nostra
immaginazione è più viva, e il nostro sentimento più caldo, e quanto meno siamo
corrotti e snaturati dalla fredda ragione, proviamo subito un vivo senso di odio
verso il delinquente, un desiderio di vendetta, quasi che l'offesa fosse fatta a
noi, un vivo piacere se intendiamo che è caduto nelle mani della
2030 giustizia, e dispiacere s'egli è fuggito. Massime
quando il racconto del misfatto, per qualunque circostanza ci riesca vivo ec. e
molto più se il misfatto accade in nostra presenza ec. Un eccesso di energia
pone anche l'uomo in desiderio di vendicare il misfatto da se, quando anche non
gli appartenga nè l'interessi in nessunissima parte. Da ciò nasce che il popolo,
spargendosi la fama di qualche notabile delitto, è sempre decisamente contento
della cattura del reo, la desidera, l'applaude, e stando egli sotto processo,
discorre della sua condanna come di una soddisfazione e un piacere ch'egli
aspetti e desideri, accusa la lentezza dei giudici, e se il reo è assoluto, se
ne duole, come di un torto fatto a se stesso. Se è condannato ne gode, finchè
all'ira verso la colpa non succede la compassione verso la pena.