[2195,2] Osservo che questi nomi greci che passando in latino
hanno mutato lo spirito in s, (siccome quelli che
l'hanno mutato in h, e di questi è naturale perchè più
recentemente fatti latini) conservano in latino le proprietà, e quasi la forma
intera che hanno nel greco p. e. il genere maschile neutro ec. Non così quelli
che hanno mutato lo spirito in v
2196 i quali hanno mutato il genere, la forma ec. in
modo che appena o certo più difficilmente si ravvisano. Ho detto nomi, e intendo
parole d'ogni sorta. Ciò fa credere o 1. che tal pronunzia di v o f in luogo dello spirito
sia più antica, che quella in s, e perciò quelle
parole più anticamente fatte proprie del latino 2. o ch'elle venendo forse
dall'Eolico, avessero in esso dialetto forma diversa dalla greca comune. 3. o
che in verità sieno passate dal latino al greco, o piuttosto (ed è
verisimilissimo) siano di quelle parole primitivamente comuni ad ambe le lingue,
e derivate da comune madre, il che conferma l'opinione della fratellanza del
greco e latino. Bisogna però notare che quello che si cambia nel latino in s (o in h) è lo spirito
denso, e quello che in v (o forse talvolta in f) il lene. Onde si potrebbe anche concludere che
l'uso dello spirito denso, sebbene antichissimo, sia però nelle voci greche più
recente, che quello del lene. Che l'uso greco
2197 (e
quindi anche il latino) del σ per lo spirito, sia più recente di quello dell'H,
mutato nel latino in v, o del digamma ec. Che forse
quelle parole greche scritte oggi collo spirito denso, che nel latino hanno il
v, anticamente si scrissero o pronunziarono col
lene (come ῾Εστία ec.), o che così passarono agli Eoli ec.