[2316,2]
Alla p. 2250.
marg.
Nihil, vehemens ec. sono
adoperati più volte da' poeti quello come monosillabo, questo come dissillabo
ec. V. il Forcellini. Così Nihilum dove appunto devi vedere
il Forcell. in
fine della voce. E quel fare di nihil nil,
di vehemens vemens
(v. il Forc. Vehemens fine), di prehendo prendo ec. cose usitate nelle buone scritture latine anche in
prosa, che altro significa se
2317 non che quelle
vocali successive, benchè secondo le regole della prosodia si considerassero per
altrettante sillabe, nondimeno nella pronunzia quotidiana equivalevano o sempre
o bene spesso a una sola? Altrimenti queste tali contrazioni sarebbero state
sconvenientissime: e come poi sarebbero elle venute in uso generale, anche
presso chi non ne aveva bisogno (quali erano i prosatori), come nil detto indifferentemente per nihil? Ed osservate che qui v'è anche di mezzo l'aspirazione ch'è
quasi una consonante, ed oggi la pronunziano per tale. E nondimeno le dette
vocali si tenevano per componenti una sola sillaba, e così si pronunziavano.
(Come appunto ne' nostri antichi poeti, anche, se non erro, nel Petrarca, noja,
gioia ec. monosillabi, Pistoia dissillabo ec.
e così mostra che si pronunziassero.) Mihi parimente
si contraeva nelle scritture, e massime ne' poeti, in mi. {+E non è apocope come dice
il Forcell. ma contrazione, come nil ec.} Che dirò di eburnus per
eburneus e di tante altre simili contrazioni di
più vocali; mediante le quali contrazioni
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(autorizzate dall'uso) il considerar quelle vocali come formanti una sola
sillaba diveniva alla fine affatto regolare (in ogni genere di scrittori) e
conforme alle stesse regole della prosodia? Non dimostra ciò quello ch'io dico?
{+
Queis monosillabo, o così scritto o contratto in
quis, non è posto fra i dittonghi latini. V.
il Forcell. e la Regia Parn. L'i
terminativo dei nominat. plur. 2. declinazione ch'è sempre lungo dovette
esser da prima un dittongo, come l'οι greco nei corrispondenti nominativi
plurali della 3za.} Lascio stare i nomi greci, dove quelli che in
greco sono dittonghi, a talento del poeta latino ora diventano dissillabi ec.
ora monosillabi come Theseus, Orphea, Orphei dativo, ec. Nè solo i nomi, ma ogni sorta di
parole.