[2507,1] Cresciuta, formata, stabilita la lingua, e la
letteratura {+di una nazione,}
interviene le più volte, che introducendosi il commercio fra questa ed altre
lingue e letterature, parte l'uso, e l'assuefazione di udire voci e modi
forestieri, parte la necessità di riceverne insieme cogli oggetti coi libri coi
gusti cogli usi colle idee che da' forestieri si ricevono, parte l'amor delle
cose straniere e la sazietà delle proprie, ch'è naturale a tutti gli uomini
sempre inclinati alla novità (v. Omero
Odiss. 1. v. 351-2.), parte fors'anche
altre cagioni riempiono la favella nazionale di voci e modi forestieri in guisa
che appoco appoco, dimenticate o disusate le voci e maniere proprie, divien più
facile il parlare e lo scrivere con quelle de' forestieri, che s'hanno più alla
mano, e s'usano più giornalmente, e più familiarmente. Ed ecco un'altra volta
introdotto il barbarismo nella lingua
2508 e
letteratura nazionale, ma per tutt'altra cagione e fine, e con tutt'altro
effetto che l'eleganza e l'arricchimento loro. Quanto all'arricchimento, questo
è il punto in cui la lingua nazionale comincia a scadere e scemare
sensibilmente, e impoverirsi, e indebolirsi fino al segno che dimenticate e
antiquate la maggiore o certo grandissima parte delle sue voci e modi, e anche
delle sue facoltà, ella non ha più forza nè capacità di supplire ai bisogni del
linguaggio, e di fornire un discorso del suo, senza ricorrere al forestiero.
{+(E la nostra lingua è già vicina a
questo segno, non solo per le ricchezze proprie ch'avrebbe dovuto venire
acquistando, e non l'ha fatto, ma anche per quelle infinite ch'aveva già, ed
ha perdute, e molte irrecuperabilmente).} E così dico della
letteratura.