[2650,1]
2650
Ma checchè sia pure
degli elementi della lingua loro
*
(de' primi Veneti), è cosa notoria ch'essi ne avevano una a se, comunque fosse
composta; la quale rimase in seguito, come le altre di tutti gl'Italiani
aborigeni, assorta nel Latino; e molte prove si potrebbero addurre per
dimostrare che una tal lingua
*
(come accadde di quella dei Galli
ec.) tinse de' suoi propri colori la massa colla quale
si confuse
*
(la lingua latina): e le
Iscrizioni lapidarie raccolte dal Maffei nel territorio Veneto fanno vedere quella stessa
provincialità antica (benchè di un genere diverso) che caratterizza
quelle delle Colonie Galliche; e vi si riconosce lo stesso scambiamento
di lettere che è frequentissimo nel dialetto Veneto che ora si parla.
Cicerone nelle sue
Lettere familiari fa menzione
2651 di certi termini che erano in voga in queste
provincie
*
(Venete), e sconosciuti a
Roma. Tito
Livio fu accusato di patavinità o padovanismo (checchè si
debba intendere sotto questa espressione): fu anche detto di Catullo d'aver egli introdotte
certe nuove forme di dire nella Lingua Latina: e si potrebbero addurre
alcune prove di questi suoi Veronismi. Ne sia
una il nome di Pronus con cui egli chiama un
torrente: termine che io non so che sia usato da alcun altro. Nè si
supponga che questo non sia che uno degli ordinarj ed adattati epiteti
sostituiti al sostantivo. Giacchè Pronio nella
provincia di Verona ritiene anche presentemente
il significato di Torrente. Ho già fatto sentire l'opinione in cui sono
che quello ch'io cerco di dimostrare
2652
relativamente agli Stati Veneti
*
(l'antichissima origine di
quegli elementi e proprietà del suo dialetto che non vengono dal latino, e
non sono del comune Italiano; e la loro derivazione dalla lingua veneta
anteriore al latinizzamento di quella provincia, qualunque fosse essa
lingua), possa probabilmente applicarsi
all'Italia tutta. In conferma della qual
opinione giova il ricordare che l'Algarotti cita, non so dove, una lettera di Varo a Virgilio, nella quale commentando un certo
epigramma, critica la parola putus asseverando
non essere Latina. Presentemente il vocabolo Putto, quantunque naturalizzato nell'Italiano, credo però che
sia usato familiarmente dai soli Mantovani, e ne' paesi confinanti, e
che non sarebbe inteso dal volgo di
Toscana."
*
p. 62-63.
(3. Dic. 1822.)